Note: Sull’Appenino modenese nelle ultime decadi del diciannovesimo secolo e nella prima del secolo successivo, un proprietario terriero ha la preparazione ed il gusto di scrivere poesie. Raccolte in parte al suo tempo e poi riprese dalla cura affettuosa di alcuni discendenti esse rivedono ora la luce in questo volume a stampa. Non sappiamo se queste siano tutte le poesie di Alberto Ferrari. Probabilmente no: alcune possono essere nascoste, altre sono forse andate perdute. Del resto scrivere poesie non sembra essere stato un lavoro sistematico per questo autore, quanto un modo espressivo legato a momenti particolari e vicende importanti, ma anche a persone vicine e fatti quotidiani.
Di poesia in poesia incontriamo gli affetti di Alberto: la madre, il grande amore della gioventù, la moglie, una figlia, il cognato. Ma il poeta ci presenta anche i luoghi della sua vita: Rocca, la casa, i suoi monti, nell’alternarsi delle stagioni: l’inverno, il Carnevale, il mese di maggio. Alcune pagine sono dedicate ad occasioni ufficiali come l’arrivo del nuovo arciprete o il matrimonio di un cugino. Non mancano versi dedicati a temi religiosi, ed in particolare alla Madonna, alla quale il poeta si rivolge ripetutamente con affetto, anche in un giorno particolare come il Venerdì santo.
Altre volte il tema è più celato, forse perché leggiamo a tanto tempo di distanza, forse perché l’autore stesso ha curato di lasciare un alone di mistero: una canna, la Musa della Pioppa, il prigioniero e la farfalla. E si giunge così ad un “sermone” che ci lascia la sensazione di una satira pungente. Non a caso in queste composizioni il poeta abbandona la forma sonetto.
Alberto Ferrari non era un poeta professionista, ma un uomo che sapeva illustrare con la poesia le vicende della vita. |