Note:
Le vicende di Roma dai Gracchi a Augusto; le guerre interne e esterne dei Romani fra Repubblica e Impero; le turbolenze di quegli anni incerti nella testimonianza e nella voce di Cicerone, Cesare e di altri autori classici dell’epoca. Con uno sguardo alle leggi e al diritto, al patronato e alle clientele nel mondo antico. Dinamiche politiche non sempre limpide ma di sorprendente attualità.
Un fenomeno sotterraneo, strisciante, ha determinato gli equilibri e le trasformazioni che, nel corso di appena un secolo, condussero Roma alla più radicale delle trasformazioni. Qualcosa che va oltre le leggi a fondamento di ogni civiltà, a cui le leggi stesse, giocoforza, si piegano e uniformano. Un vizio originale, che trae forza da basilari disuguaglianze mai colmate.
Quando la sussistenza è concessione di pochi a molti, non può esservi vera libertà e, quale che sia la forma di governo, si mantiene intatto il sostanziale primato di un’aristocrazia che muta forma e attori, ma che si ripropone all’infinito.
Immortale, la definì a distanza di quasi due millenni Napoleone, figlio della più egualitaria delle nazioni sostenendo che l’aristocrazia esiste sempre in tutti i popoli e persiste alle rivoluzioni: abbatterla nei nobili vuol dire ritrovarla nei ricchi e nei potenti; distrutta in questi ricompare nei capipopolo. Non la mera nobiltà di blasone nell’accezione più tradizionale, ma il potere personalistico che ne è alla radice e che tende a perpetuarsi, creando vincoli di subordinazione sempre nuovi, accordi impari e clientele strumentali alla propria sussistenza.
Nell’antica Repubblica romana fu il patronato, con i suoi legami privatistici di dipendenza, a rappresentare questa ostinata, mutevole e persistente matrice elitaria, quasi monopolistica del potere. Che infine, per propria evoluzione, si trasformò e sintetizzò in Impero.
Attraverso le voci dei suoi protagonisti, ricostruite con una rigorosa attinenza alle fonti principali, la narrazione di questa parabola, che si dipana per i campi di battaglia, per il Foro, nei dibattiti dei senatori, tra le arringhe pubbliche e nei processi di maggior rilievo. Trovano spazio qui le principali opere letterarie coeve, rielaborate senza stravolgimenti sostanziali, come testimonianze dirette del ruolo e delle posizioni degli interpreti di questa storia.
Tiberio Gracco e la restaurazione, Mario e Silla e i loro epigoni, Cesare e Pompeo, fino all’esaltazione di Ottaviano; e insieme le parole e le vicissitudini di figure più illustri o meno note, che offrono uno scorcio delle istituzioni e dei rapporti sottesi ad esse. |
