Costumi ed usanze dei contadini in Sicilia

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Costumi ed usanze dei contadini in Sicilia
di Salvatore Salomone Marino,  2001,  Brancato Editore 
SAGGISTICA
condizioni: NUOVO

accetto Proposta d'acquisto
in vendita da giovedì 31 agosto 2017 alle 00:28   [ID: 45799305]

Note:
Il cane, il migliore amico del contadino
di Salvatore Salomone Marino

.

L’allevamento dell’agnellino e del vitello non è di tutti i contadini: solo dei mezzadri e di quelli che son presi per un anno.

Tutti indistintamente, invece, mantengono un cane, anche quelli che quotidianamente non han tanto pane che basti a sfamar loro stessi e la famiglia. Ma che importa? Il cane avrà la sua microscopica parte con gli altri in casa; se poi si vuole riempire la pancia lo farà mentre segue al campo il padrone, dando spietata caccia ai topi, agli uccelli, alle ranocchie, alle carogne in cui s’imbatte, ai fichi ed all’uva quando ne è la stagione.

Il cane, con la sua proverbiale fedeltà, serve al villano, specialmente all’antu (la parte più alta del campo che coltiva). Ivi, a lu postu., si accovaccia sul fardello del padrone e non permette ad alcuno che vi si accosti; come per la strada e nell’abitato custodisce e difende lui e la casa sua. Per questo appunto è stato ammaestrato da piccolo. E ci riesce a meraviglia, perché abbaia e morde, appartenendo per lo più alla razza lupigna o da pagliajo, che è la preferita.

Dal canto suo il villico è estremamente tenero con il cane suo; si risente più di un’offesa o maltrattamento fatto a questo, che alla sua propria persona, e per esso viene non di rado a baruffe. Lo raccomanda tutte le sere a San Vito, perché glielo tenga in protezione; lo cura premuroso quando gli s’ammala; non lo dà in regalo mai; seguita a tenerselo presso, anche decrepito e rognoso, fin che muoja, ma non l’ammazza mai: l’ammazzarlo è gran peccato, che si sconta con sette anni di purgatorio dopo la morte, mentre prima di questa San Vito se ne vendica su di lui ed i suoi facendoli mordere da cani arrabbiati. Quando il villico vuol preservato il suo cane dai morsi di cani idrofobi, gli attorciglia al collo un virgulto verde di spina santa (susino selvatico), questo collare si chiama, con nome arabo, zòria.

Ecco, in una canzone popolare, l’inno contadinesco al cane:


Guarda fidilittà ch’avi lu cani,

sempre fidili cu lu sò patruni!

Cci duni bastunati e pocu pani,

e cchiù si ‘ncugna ‘ntra li tò garruni;

lu sperdi arrassu, e ti veni a truvari;

lu jetti fora, e azzanna li latruni;

tenilu caru e strittu a lu tò cani,

chissà è lu veru amicu sinciruni!





Tratto da:

Costumi ed usanze dei contadini di Sicilia, delineati da S. S. Marino – Palermo: Remo Sandron editore, 1897.

Salvatore Salomone Marino (1847–1916) nacque e morì nel paese di Borgetto. Scrisse molti compendi sul folklore e le tradizioni dei contadini siciliani[6], fra i quali: Aneddoti, proverbi e motteggi illustrati da novellette popolari siciliane, Canti popolari siciliani, Canti popolari siciliani trascritti nei secoli XVI, XVII e XVIII, Carlo Quinto imperatore nella leggenda siciliana, leggende popolari siciliane in poesia. La onnipotenza dei proverbi dimostrata da una novelletta popolare siciliana, (La rivoluzione siciliana del 1848–1949 nei canti popolari). La sua opera più nota è La Baronessa di Carini 

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