Note: “In occasione delle visite al suo atelier più volte, davanti alle sue opere, abbiamo approfondito gli aspetti evolutivi della sua pittura. In queste conversazioni mi ha sempre colpito la necessità di Rocco di risolvere un velato inappagamento da cui scaturisce e prende forza la spinta di andare oltre il raggiunto, oltre lo stato attuale della sua arte. La sua ricerca è stata orientata a traslare le sue opere dalla staticità del quadro e della parete in una dinamicità che potesse incidere fortemente anche sulle possibilità interpretative. Il pittore ha trascorso lunghe giornate accanto alla madre, la signora Peppina che fino all’ultimo giorno non gli ha negato il suo indimenticabile sorriso e che, centenaria, ha da poco lasciato questo mondo. In quelle forzate pause del suo dipingere, è andata sviluppandosi l’idea di utilizzare la forma geometrica del quadrato per dare dinamicità alle sue opere. Una scelta meditata e ponderata anche se apparentemente anacronistica.
Il quadrato, quadrangolo e quadrilatero dai lati uguali, può istintivamente richiamare la squadratura della materia, ma anche il recinto sacro del tempio o i punti cardinali e si presenta come una figura antidinamica. Questa figura ancorata sui quattro lati rappresenta la fine del moto o l’istante isolato ed implica un’idea di stagnazione, di solidificazione e di stabilizzazione. Mentre il movimento è concettualmente circolare e rotondo e trova il suo trionfo nella circonferenza, l’arresto e la stabilità sono associati a figure spigolose, ossute con linee dure e sbalzi. Il quadrato rappresenta anche la regolarizzazione di quanto per sua natura sarebbe rimasto informe e caotico. Eppure, nell’idea del- l’artista tutte queste considerazioni restano irrilevanti e si propongono come antitetiche alle intenzioni di Rocco. Le opere quadrate del pittore contengono nella delimitazione del perimetro, al suo interno, il caos dell’astratto che nell’ardita gamma di colori proposti sembra rappresentare collassi di galassie, di forme e di materie.” (dalla Prefazione di Francesco Aronne)
“Rocco l’ho conosciuto di fianco ma dopo, dopo tanto tempo, guardando una foto per caso. Eravamo a Corigliano Calabro, una serata cosiddetta d’arte, quella stessa sera in cui incontrai per la prima volta il mio compianto amico Francesco Tarantino. Il secondo incontro, anche questo non palpabile, fu quando, sempre Francesco, mi fece dono di “ Orizzonti in divenire”, un’ esperienza a quattro mani dove Francesco, diciamo così, interpreta in versi i dipinti di Rocco. Ci scruta dentro e ci vede solo quel che lui, in quel preciso istante, riesce a vedere (resto convinto che il giorno successivo posto davanti alla stessa opera avrebbe scritto una poesia differente, tante le innumere interpretazioni che un’immagine può scatenare).
E Rocco questa volta ripete lo stesso esperimento. Anzi, quadruplica! Quattro poeti diversissimi fra loro a penetrare dentro le sue visioni, le sue lune, le sue stelle. E ancora di più. Per ogni poeta una rotazione diversa della singola opera, un lato per ognuno, un’idea che oso definire stratosferica e che ha ottenuto, per chi ha letto e per chi legge, risultati altissimi. Non so, se nel suo genere, è un esperimento unico, ma ciò che si evidenzia è la bontà dell’operazione, un volume destinato a rimanere un’icona, uno scrigno prezioso, un delitto perfetto, una messa gradita, una strada cattiva, una foglia d’ulivo, una cesta di arance, un soldato che ride, una notte di luna, una prua verso il mare, l’uno sommato al due che anche questa volta fa un numero pari.” (dalla Postfazione di Stanislao Donadio) |