Note: Scappari è vrigogna, ma sarbamintu di vita, dicevano i vecchi saggi di paese, coloro ai quali piaceva condensare in poche sillabe - magari tra un carricu scaraventato con soddisfatta baldanza sul tavolo da gioco e un bicchiere di vino - delle verità che altrove avrebbero richiesto pagine su pagine e interminabili, noiosissimi esempi di incomprensibile esegesi. E come sempre, i vecchi - che ci piace immaginare con la coppola in testa e una sigaretta senza filtro penzolante da un angolo della bocca - ci azzeccavano. Già, perché se è vero che a fuggire dai pericoli si rischia di coprirsi di vergogna, è altrettanto vero che si porta a casa la pelle - risultato, quest’ultimo, magari meno nobile e di non imperitura memoria, ma pur sempre desiderato da quell’atavico istinto di autoconservazione che nessuna evoluzione potrà mai sopprimere.
Dall’altro lato, però, c’è chi ha detto che Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola, (Paolo Borsellino) rivendicando così il diritto - o il dovere - di affrontare la paura che fa scappare dai pericoli con il totale sprezzo della stessa, a costo di quella pelle che invece si vorrebbe portare a casa sempre e comunque. E questo non per trasformarsi in eroi - che di quelli i libri di storia sono già pieni - ma perché - proprio come chi fugge, seppur da un angolo diametralmente opposto - non si vede nessun’altra soluzione se non agire.
Ecco allora all’opera queste due diverse forze che, tirando ora da una parte ora dall’altra, determinano le azioni e il destino di tanti uomini ora protagonisti di avvenimenti che finiranno sui libri di storia, ora di altri che, pur rimanendo ignoti a contemporanei e posteri, non per questo sono da considerarsi di minore importanza.
La paura, quindi.
Potremmo considerarla una vera e propria protagonista di Di Silenzi e Di Sangue, secondo romanzo di Manuel Di Maggio, ennese, classe millenovecentonovantatré, poiché essa sembra tirare le fila degli accadimenti del testo e muovere, come pedine sulla sua personalissima scacchiera, i protagonisti degli stessi - l’ex ingegnere elettronico Roberto D’Alessandro, l’agente scelto DIGOS Giuseppe Parisi, il trafficante di sostanze stupefacenti Salvatore Macaluso, e, apparentemente nelle retrovie ma centrale egli stesso in questa partita, il capo di Parisi, Liborio Bandiera. Ognuno di loro rosicato da paure personali che ne dirigono pensieri e azioni.
E se a volte è facile capire da dove provenga la paura, come si reagisca a essa e perché, altre volte bisogna scavare a fondo nella psiche degli uomini per cercare di comprendere come mai, per esempio, dinnanzi a una porta in un edificio tetro e pieno di insidie, anziché tornare sui propri passi e, magari, aspettare le luci dell’alba per ispezionare quella stanza chiusa, si giri invece il pomello e ci si tuffi in un’avventura probabilmente senza ritorno, pur senza trovarsi dentro a un film.
dalla prefazione di Tony Colina |