Note: C’è un’urgenza non procrastinabile in questa raccolta di Pietro Russo. L’esigenza di lasciare «scapicollare le parole» condensandole dal riverbero della lingua madre catanese – sopraggiunta improvvisa e indiretta da accumuli di momenti, di persone, di ricordi – all’interno di un universo poetico che, se da un lato è scandito dalle certezze insormontabili delle leggi di Natura, dalle disillusioni di un «cuore che si spaventa della luce» – deluse oramai tutte «le speranze e i cori» di matrice leopardiana –, un mondo entro cui l’io lirico riversa pure gli echi amari delle sue letture bibliche (L’Ecclesiaste su tutte); dall’altro è invece animato dall’Amore – «l’ombra che cresce più alta» – che si piega per la sua stessa forza a criterio di ogni cosa, sostenuto da una forza espressiva in cui si insinuano però anche la Storia e le vicende degli ultimi, e inclina questa poesia verso esiti fortemente civili pur seguitando a sfolgorare e ardere dentro una passione in cui la parola, genuinamente impastata dentro il ripido dettato ritmico del dialetto, riesce a dare straordinaria testimonianza di sé: finalmente «casa in questa lingua».
Giuseppe Condorelli |