Note:
Pensare per immagini mitopoietiche equivale al tentativo di scavare un varco tra le dune del deserto, mobili e cantanti d’un soffio e d’un suono che non appartengono a quel luogo, e che scompone e spariglia ogni puntello appena posto a sostegno del lavoro appena interrotto per portarsi le mani alla fronte, e cercare d’intravedere l’orizzonte.
Pensare mitopoieticamente significa trascinare la riluttanza della memoria verso il cuore, anteponendo il ricordo alla constatazione d’un avvenimento mentale, per sua natura ancipite, mutevole, doppio e, per questo, antagonista al fare.
Si trascina la riluttanza dell’ala dell’angelo a toccare la polvere ove noi uomini, mortale aggregato di polvere e respiro, lottiamo col tiranno che suggella ogni evento, da lato a lato, col simbolo muto del nulla, di cui noi conosciamo solo la sua potente estraneità.
Intrisi dei vapori athanorici dello gnosticismo, questi scritti poietici cercano di fondere nel verso, nella parola, nella scelta imaginativa, pensiero, intuizione, silenzio e parola.
In filigrana, la meditazione circa le parole del Sutra del Cuore, cerca di rendere questo lavoro un approccio di sintesi tra oriente e occidente, tra poesia, filosofia e mito. Un varco, come si diceva all’inizio, tra la necessità del silenzio e il dovere di condurre l’ombra alla luce, senza tuttavia privarla della propria consistenza. |
