Note: Il protagonista di questo romanzo del 1934 è un pescatore di fiume e vive in Provenza. Ha doti di seduttore e un nome italiano, Antonio. Ma non è un personaggio stendhaliano come Angelo, l’eroe di L’ussaro sul tetto (1951). È un uomo primordiale, che vive in simbiosi con la natura, che sente le vibrazioni dei pesci, quando li caccia a mani nude, accanto al suo corpo muscoloso e guizzante. Il mondo in cui vive è fatto di acque, capanne, foreste. Ed è proprio un boscaiolo detto il Marinaio, un suo anziano amico, a chiamarlo in soccorso perché il gemello (l’unico dei suoi due figli ancora vivo) non è mai tornato da una missione, in cui il ragazzo avrebbe dovuto tagliare un bosco a fare scendere la legna lungo il fiume dove pesca Antonio. Inizia la risalita del fiume da parte dei due amici, una vera e propria odissea omerica, una ricerca che si trasformerà in una storia di faide in un territorio primitivo, governato dalle leggi non scritte del tirannico Maudru, il padrone dei tori. In molti perderanno la vita, compreso il Marinaio, ma Antonio e il gemello vivranno il riscatto e l’amore grazie all’incontro con Clara e Gina. Questa storia avvincente, dai risvolti metaforici e dal linguaggio possente, grumoso, rappresenta in pieno il sentimento panico, la comunione con la natura e la gente semplice che sono temi fondamentali nell’opera di Giono. Con il suo andamento epico, leggendario, costituisce l’anticipazione a tinte forti del best seller L’uomo che piantava gli alberi (1953). Se Elzéard Bouffier seminava le piante per realizzare la sua splendida ed evoluta utopia, qui il senso cosmico si incarna in uomini che la natura la vivono magari tagliandoli, gli alberi, in un aspro e fecondo rapporto che si oppone, comunque, a un’inquietante modernità. Edizione numerata da 1 a 1000. Prefazione di Leopoldo Carra. |