Note: Ottime condizioni, manca la sovracopertina
Con questo romanzo la Rawlings vinse nel 1938 il Premio Pulitzer, diventando famosa in tutto il mondo. Da questo libro, un perfetto capolavoro, è stato tratto l’omonimo film interpretato da Gregory Peck, che ne rispetta fedelmente la trama.
Il Cucciolo descrive una sorta di ritorno alle origini. La vita solitaria, in campagna, che Penny Baxter ha scelto di fare assieme alla sua famiglia, la moglie Ora e il figlio Jodie, rappresenta una sfida da vincere ogni giorno, fra il lavoro dei campi e la casa da mantenere. Vivono a stretto contatto con la natura, l’unica a dar loro sostentamento, attraverso il raccolto e il bestiame allevato e la cacciagione.
Sono, questi, temi cari alla Rawlings, che ha indirizzato i suoi racconti verso ambientazioni di natura bucolica.
Il romanzo è ben scritto, con una prossa fluida e splendide descrizioni. I personaggi sono ben delineati, appaiono nella scena al momento opportuno, giocano il proprio ruolo senza oltrepassare i limiti. Sono punti fermi nell’intera vicenda, ben riconoscibili perché ognuno con una sua intensità . Quello che colpisce è il senso di umanità che traspare da ognuno, anche da chi sembra duro e scaltro.
La Rawlings ha saputo rappresentare al meglio la vita di campagna, con le sue problematiche e gli uomini che la vivono. Visse anch’ella in un posto simile a quello descritto ne Il Cucciolo, ed è come se avesse trasmesso le sue esperienze nel suo romanzo.
L’intera vicenda narrata nelle pagine del libro è un insegnamento di vita. Non esistono velleità nella quotidianità della famiglia Baxter, che vive come isolata dal mondo civile, dalla realtà cittadina che sembra così lontana, tanto che andare in città è un evento fuori del comune. Ma ne risulta comunque appagata, pur nella povertà di mezzi. Ogni piccola cosa è un motivo di sorpresa, un tesoro da scoprire.
Ogni piccolo evento è fonte di meraviglia, come l’arrivo del cerbiatto Flag, il cucciolo che darà il titolo al romanzo, a cui Jodie si attaccherà come a un fratello, colmando così un vuoto familiare. Comincia per Jodie una vita diversa, assieme al cucciolo e grazie ad esso apprenderà lezioni che non dimenticherà mai, diventando adulto e maturo suo malgrado.
Così il ragazzo chiamato Icaro, che sognava di volare, (nell’originale è Fodderwing, in cui il termine wing- ala- ha forse suggerito la traduzione italiana Icaro), di debole costituzione, rappresenta non solo un grande amico per Jodie, ma una sorta di compagno di avventure, anche se solo immaginarie, fatte di sogni ad occhi aperti. Jodie ed Icaro sono forse come Tom Sawyer e Huckleberry Finn, se non nel carattere e nemmeno nell’estrazione sociale, quantomeno nel rapporto di profonda amicizia che li lega.
Il rapporto padre-figlio è uno degli aspetti del libro che riveste un’importanza enorme. Venerazione e conflittualità si muovono insieme, da una parte Penny Baxter è una sorta di caposaldo a cui Jodie si afferra, un insegnamento continuo dovuto alla forza e all’esperienza di vita dell’uomo che dal nulla ha costruito la sua casa in mezzo ai monti, dall’altra la ribellione insita nell’animo infantile fa compiere al ragazzo azioni avventate, distaccandosene in un impeto di rabbia ma riavvicinandosi poi come un biblico figliol prodigo.
La Rawlings, attraverso le parole di Penny Baxter, ci insegna la durezza della vita. Se ci immerge in una natura incontaminata, in un paesaggio idilliaco, ci fa conoscere comunque il dolore della perdita, ci narra la morte come evento naturale ed inevitabile, elemento che fa soffrire ma che rafforza. E la storia si conclude con un senso di nostalgia, con un sogno che, miracolosamente, ci fa rivivere l’intero romanzo in un’unica, sorprendente frase. |