Note: Tratto dalla cronaca di una storia vera. Milano, Giugno 1926. I resti di Erminia Ferrara marcivano compressi in un baule da quattro mesi. La signora, detta la contessa del Viminale per le sue frequentazioni di ambienti fascisti, era moglie separata del commendatore Giovanni Pettine, pioniere del cinema. Il figlio Renzo, studente liceale diciassettenne, svuotò la cassaforte del padre e si rese irreperibile. Fu arrestato a Desenzano del Garda, dove si presentava come il nobile spagnolo SEÑOR LOUIS DE SANTO JERMANO, e condotto al Cellulare (San Vittore) di Milano. Renzo Pettine, definito Il Matricida, fu trasferito al Manicomio Provinciale di Milano, presso Mombello, per essere sottoposto a perizia psichiatrica come richiesto dal Giudice Istruttore della Sezione d’Accusa. Il delitto, per le modalità di occultamento forzoso della vittima, suscitò ribrezzo e sdegno. Renzo Pettine non era sano di mente o era un comune criminale? Alla Sezione d’Accusa il compito di decidere se rinviarlo a giudizio o farlo ricoverare in manicomio. C.E. Gadda restò fortemente impressionato dal fatto milanese: Il giovane portò ragazze e organizzò festicciole ove la madre morta putrefaceva in un baule Il processo fu oggetto di un’interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia: per conoscere se di fronte alle ripugnanti manifestazioni di morboso sentimentalismo date dal pubblico femminile […] non ritenga di vietarne l’accesso nelle aule severe della giustizia. Il processo Pettine fu, nel mondo scientifico, l’occasione per approfondire il dibattito sui manicomi criminali di Stato ed il ruolo delle perizie psichiatriche nei processi penali. Si parlò, inoltre, di un’indagine parallela condotta dalla polizia politica in quanto si vociferò che la Ferrara custodisse atti segreti del delitto Matteotti che avrebbe dovuto consegnare a Roberto Farinacci. |