Note: Il poema detto “INNO DELLA PERLA ” da sempre è stato in grado di esercitare un forte potere di fascinazione sia sul semplice lettore che sul più smaliziato ricercatore, grazie alla struggente nostalgia di cui è intimamente impregnato; nei miei lunghi anni di divulgazione su temi legati allo gnosticismo storico, ho visto persone lacrimare sulla brezza commovente delle parole sussurrate da questo alto componimento poetico, parole capaci di solleticare le corde più profonde dell’animo del ricercatore permettendo la riemersione di un immaginario antico che rimanda ad un ancestrale mondo di purezza e perfezione a cui ognuno di noi anela e tende. Tale intima e passionale tensione verso questa casa celestiale e dimora di beatitudini è però frenata dalle contingenze di questo mondo, le quali assumono valenza di ostacolo, di freno e di attrito nei confronti dello gnostico; questo ricercatore di conoscenza è scisso fra un mondo quaternario che percepisce come alieno, ma nel quale necessariamente vive, e un mondo spirituale che intuisce essere la propria dimora, ma dal quale è evidentemente è separato. Lo gnostico è quindi forestiero in un mondo a lui alieno. Forestiero, e lo vedremo leggendo il poema, in quanto nella sua essenzialità, in ciò che è permanente e non contingente, egli proviene da un altro luogo ; al contempo il mondo è alieno perché espressione di una radice generatrice e formato da una sostanza estranea alla natura dello gnostico. Tale stato di cose, non più relegato alle ardite speculazioni metafisiche, assume significato di oggettività per lo gnostico così determinando una profonda e malinconica nostalgia, la quale troverà termine con il coronamento della missione volta a recuperare la Perla: chiave di passo necessaria per superare il confine fra il mondo inferiore e il mondo superiore. |