Note: Il mémoire sull’Influence de l’habitude sur la faculté de penser, pubblicato da Maine de Biran nel 1802 dopo aver vinto un concorso bandito dall’Institut de France, costituisce una solida base speculativa su cui sorgerà il suo pensiero maturo, centrato sulla teoria psicologico-metafisica dell’effort. «Tutto il Biran anteriore al 1813», ha scritto argutamente Georges Blin, «è già contenuto in questo trattato notevole la cui Introduzione, soprattutto, non fa una piega». La scelta editoriale di proporre l’Introduzione biraniana nella presente collana, impreziosita da una Presentazione di Marco Piazza, è ispirata dall’ermeneutica di Georges Blin. Il mémoire si configura come un breve ma denso traité des sens in cui l’autore, ponendosi apparentemente con deferenza nel solco dei maestri ma riformulando in termini nuovi e alternativi la teoria delle sensazioni di Condillac, procede a una distinzione metodologica fra «sensazioni» e «percezioni». Distinguendo la sensazione, o impressione passiva, dalla percezione, o appropriazione riflessiva, il filosofo francese non ha difficoltà a spiegare che la propria «circoscrizione» comincia con il secondo stadio, cioè con lo sforzo, visto come una tensione volontaria costante che ci costituisce e senza la quale non può esserci conoscenza di alcun tipo. Una rivelazione che porterà Biran, già dal mémoire sull’abitudine, molto più in là di Destutt de Tracy. L’impressione derivante dalla facoltà motrice è ben più ricca e complessa di quella sensitiva e racchiude il «giudizio di personalità», cioè la presenza del soggetto, quel preciso riferimento dell’impressione all’io che costituisce propriamente la coscienza. Sotto tale aspetto le ricerche di Biran tendono a consuonare con quelle odierne delle neuroscienze sulla teoria della conoscenza, soprattutto quando affermano che non è possibile percepire il mondo prescindendo dall’elemento motorio. |