Note: In un racconto che percorre gli sconvolgimenti politico-sociali dell’Italia dalla vigilia della prima guerra mondiale fino al termine del secondo conflitto, Attilio confessa la propria dedizione al piacere carnale, vissuto sulla scia del modello dannunziano. Attento ai fenomeni culturali del suo tempo, è anche apprezzato conferenziere e poeta, il che potrebbe far sembrare contraddittorio il suo impiego pubblico nella carica di giudice prima, e in seguito di avvocato dello Stato. Destreggiandosi tra la vita libertina e la carriera di giurista, saldamente fondata su una gerarchia di valori indiscussi, testimone affidabile di eventi che ancora generano interpretazioni controverse, Attilio vive in prima persona vicende salienti della storia italiana della prima metà del Novecento, attratto dall’avventura dannunziana dove erotismo, estetismo ed eroismo si confondono. «Mi domandai se questa mia partecipazione alla sanguinosa lotta civile non fosse un lusso che io non potevo consentirmi,» si chiede ad un tratto. La scelta di un comportamento più responsabile vince il desiderio di mettersi in gioco, e la quotidianità richiede quasi più coraggio della partecipazione ad una pericolosa quanto romantica avventura. Amori fugaci, relazioni pericolose, successi e inceppi della professione, il dramma dell’amministrazione della giustizia nei tribunali militari, sono tutti tratti di un’autobiografia declinata nella forma inusuale di lunga e commovente lettera al figlio. |