Note: Un autore immedesimato nei panni, nella coscienza, nei pensieri di un clochard, uno straccione e si trova per strada ad elemosinare un centesimo di soldo oppure una piccola moneta di affetto? Non si comprende come ha avuto l’ardire di dare, a uno di loro, voce, identità. Appare impossibile ammettere d’essersi potuto calare dento dentro l’anima, vivere i patemi labirintici umani di un emarginato, un respinto inesorabilmente dalla vita. Eppure, lo ha voluto, lo ha fatto. Come fosse diventato l’elemosinante di strada, pieno di sporcizia esteriore, ricoperto con i panni laceri, imbrattati, del barbone. Ha voluto essere l’invisibile alla ricerca degli angoli meno freddi di una stazione del mondo, per trovare un riparo per la notte, disteso per terra, circondato da cartoni, avvolto con coperte insudiciate, con le scarpe prive di lacci, sporche del fango della strada e del mondo. Quello dei barboni, è un destino infame oppure una scelta? Chi può dirlo? Se gli uomini della terra, dal più modesto sino al più grande, potessero fare, per obbligo umano, almeno un mese di tirocinio da clochard, di certo il mondo risulterebbe in pace con sé stesso, con la natura, con il creato. |