Note: Se la memoria è una scheggia fissata nelle tenebre, Teresa Miccichè, con ferma e tormentata emozione, su quel buio ha acceso un riflettore. Così, alla luce, le ombre riacquistano una dimensione ’mobile’. E proprio attraverso questi movimenti Till prova a riconoscere la propria matrice e presumibilmente la propria identità. Certamente a dettare questo testo, tanto intenso quanto impalpabile, non è il rimpianto o la rievocazione diaristica. Se una necessità emerge è quella dello scandaglio esistenziale: il destino che accomuna Dio, gli uomini, gli animali, gli alberi, ogni elemento dell’universo, è sortilegio che spiazza. (Dal risvolto di copertina di Angelo Scandurra) |