Note: Prefazione
La raccolta La Culofia: Paure e Pregiudizi rappresenta in qualche modo le nostre paure e i nostri pregiudizi. Per anni da bambina ho pensato che la Culofia fosse una parola inventata dagli adulti per tenerci lontano dai pericoli di un pozzo di campagna. Poi un giorno per puro caso scopro che la Culofia esiste realmente in natura ed è un piccolo serpentello che vive nelle acque stagnanti e che si nutre di insetti e improvvisamente crollano tante mie paure e piano piano riaffiorano nella mia mente dei ricordi legati alla mia infanzia trascorsa felicemente in un paesino dell’entroterra siciliano che pensavo di aver rimosso e, quasi per gioco, inizio a scrivere questi racconti nella speranza che, parlandone, si possano superare paure e pregiudizi. Alcuni racconti mi sono stati narrati da bambina dal mio amato nonno; con la sua fervida fantasia e quella dialettica quasi pirandelliana, nelle serate trascorse con lui, noi bambine lo ascoltavamo per ore e i suoi racconti stranamente non avevano mai lo stesso finale; questa era la cosa più bella perché ogni volta era come ascoltarla per la prima volta. Gli altri racconti invece li ho sentiti raccontare da altre persone o li ho vissuti direttamente in quei diciotto anni che ho abitato in quella piccola cittadina di montagna dell’entroterra siciliano, dove ci si conosceva tutti o perlomeno così ci sembrava, che di paure e pregiudizi ne custodiva tanti. I tredici racconti parlano appunto di paure e pregiudizi come sull’omosessualità o delle credenze popolari, dove c’era la parte buona ma anche la parte malvagia dell’occulto. Parlo della morte vissuta con naturalezza con gli occhi di una bambina e poi di adolescente, gli anziani ci educavano sin da piccoli a non aver paura della morte poiché anch’essa è parte della vita; a tutto può esserci rimedio tranne a essa, dalla quale però non bisogna mai farsi trovare impreparati. Parlo anche delle violenze sessuali subite dalle donne che, per paura di essere giudicate o additate, sono costrette a non parlarne mai con nessuno, e delle grosse rinunce che si fanno per paura di affrontare il giudizio dei paesani pagandone caramente il prezzo. Due racconti divertenti e teatrali invece rappresentano la nostra bella sicilianità, palesando come due fatti drammatici si possono trasformare in tragicomica. Infine parlo dei giochi e della spensieratezza di bambini e fanciulli, che crescono sino a diventare adulti in fretta, anni meravigliosi che ci hanno fatto crescere e diventare il Siciliano che ognuno di noi porta dentro e fuori… nel bene e nel male.
Giusy Panassidi |