Note: Da sempre uomini e donne si chiedono: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo?
Per queste domande nessuno sembra avere una risposta, ma è davvero così? È proprio vero che la soluzione ai tre quesiti più oscuri del mondo sia poi così inaccessibile?
Famoso ricercatore e insegnante di fisica, Vittorio Marchi ha indagato per anni con passione e entusiasmo per svelare questi grandissimi misteri, sfatando false convinzioni e credenze sbagliate che ci trasciniamo da millenni.
Possiamo considerare valida l’espressione del Nuovo Testamento
“in principio era il Verbo”?
Ma, se il verbo è Dio, come può Dio avere un principio?
Perché allora non raccontare tutta la storia della Creazione?
L’Universo, quindi, ha un inizio?
Da quando e dove, se è infinito?
Ma non solo! Come funziona il nostro corpo? Perché ci ammaliamo? Quanto è dannoso affidarsi alle cure di medici succubi loro stessi delle malattie?
Oggi, infatti, secondo un monitoraggio svolto negli Stati Uniti, il fenomeno della iatrogenesi – ovvero ciò che è causato dal medico o dai farmaci della medicina accademica – è la terza causa di morte, dopo l’infarto e il cancro.
In queste pagine l’autore risponde a tutte queste domande affidandosi alle teorie della fisica quantistica e alle sue straordinarie scoperte.
Fino a oggi la parola uomo ha espresso esclusivamente la sua qualità di “terrestre” e l’unirsi in un insieme della stessa specie è stato assunto come prova di “umanità autentica”. Ora questa stessa parola deve acquistare sempre più il significato di “Essere o Organismo Universale” e l’identificarsi come Figlio dell’Uomo, con la Vita cosciente nel seno di questa sua propria natura univivente.
Considerata come se fosse un libro unico, la Bibbia costituisce da secoli la regola della fede e dei costumi del cristiano; sennonché c’è un grosso problema, che da millenni finisce per mettere in crisi anche la più tenace fede religiosa. Esso proviene da un paradosso teologico, quello “del Bene e del Male”, da una contraddizione che appare insuperabile: perché la malattia e la morte? Si tratta di una controversia che, più di ogni altra questione, occupa sul piano dottrinario il dibattito teologico. Per risolverla, il vero cristiano ha deciso di separare Dio dall’uomo.
La salute e malattia, più che essere parti della stessa personalità disgiunte tra loro, rappresentano delle evenienze legate indissolubilmente a stati di consapevolezza e di inconsapevolezza della stessa Persona. Uno degli enigmi clinici e scientifici di maggior interesse è quello di capire di quali mezzi disponga la Natura per riuscire a rivolgere a proprio beneficio tutto ciò che è patogeno, al punto da costringere qualsiasi agente patogeno (virus o batterio) a produrre egli stesso gli elementi necessari, le tossine utili per il processo di autoeliminazione.
Il dottor Ryke Geerd Hamer, fondatore della nuova medicina germanica, lo ha ampiamente dimostrato sperimentandolo addirittura sulla propria persona, che a causa di un trauma psichico può comparire persino un sintomo canceroso. Il dottor Hamer è uno dei pochi ad aver capito che la malattia è la risposta appropriata della psiche a un trauma intimo, apparentemente proveniente dall’esterno, secondo il programma della Natura, che è finalizzato alla sopravvivenza della specie. L’assunto vincente del pensiero hameriano è che vi è una corrispondenza tra i vissuti e le reazioni dei tessuti che segue uno schema costante.
Il provare odio verso di sé, interpretandolo invece come odio verso gli altri, quando non si accetta la realtà o, peggio ancora, la si deprime e non si vuole che essa affiori a livello di consapevolezza, scatena la reazione terapeutica e ragionevole della Natura. Quella che si verifica quando l’uomo non riesce o non vuole rendersi conto di quanto gli sta succedendo a livello sia fisico che mentale, e quindi finisce per andare contro se stesso, è la rivolta della sua stessa ragione d’essere, per la violenza che egli esercita sulla propria profonda vocazione di essere consapevole di se stesso.
L’appello per rispondere alla logica razionale della Natura, dovrebbe essere un fervido invito ad amarci.
Quando riusciremo a renderci conto che illuminazione significa vivere, e vivere significa diventare lucenti, cioè illuminarsi in ogni istante? Non è forse vero che più si vive e più si ha esperienza di vita, e che più si ha esperienza di vita e più si è maturi, completi e compiuti?
In fondo, se si esclude che la vera cura per guarire mali quali la routine, l’idolatria, la cupidigia, il possesso, le tendenze necrofile, le malattie fisiche e altri simili, risiede esclusivamente nel siero dell’illuminazione, definito anche “filtrato delle false intellettualizzazioni”, che senso può avere discutere di tubercolosi, polmoniti, ulcere, mal di denti, mal di stomaco o mal di testa come si trattasse di qualcosa che può essere medicato?
«Medicus curat, sed natura sanat» («Il medico cura, ma la Natura guarisce»).
Crediamo che i Latini, con questa locuzione, intendessero suggerire che un dottore, prima di ogni altra cosa, deve mettere in pratica il famoso: «Conosci te stesso», e non nel senso restrittivo di conoscenza scientifica dell’attività propria del soggetto conoscente che studia se stesso come oggetto conosciuto, bensì nel senso di conoscenza piena, cioè di esperienza totale, in virtù della quale conoscente e conosciuto si fanno UNO.
Pensiamo allora a quanto sia ambiguo definire il sistema sanitario, in termini di apparato medico prevalentemente in mano pubblica, come a un servizio sanitario atto alla cura e all’assistenza “sanitaria” della popolazione civile. In realtà, per andare veramente incontro ai bisogni dei cittadini, la prima cosa da fare sarebbe quella di chiarire loro che il vero assistente non è il sistema sanitario ma la Natura. |