Note: Rob Rensenbrink era il gemello mancino di Johan Cruijff. Le somiglianze, però, finivano all’aspetto fisico e allo stile di gioco. Tanto Johan era ciarliero e portato a comandare quanto Rob era taciturno e desideroso di farsi gli affari suoi. Il giornalista Jan Mulder, suo ex compagno di squadra, ha detto di lui: «Robbie Rensenbrink era bravo come Cruijff, solo che nella sua mente non lo era». Il carattere introverso contribuì a fare di lui uno dei giocatori più sottovalutati di tutti i tempi. E anche più sfortunati, professionalmente. Il famoso palo colpito al novantesimo minuto della finale mondiale contro l’Argentina rappresenta solo la punta dell’iceberg delle sue sfortune. Un destino da eterno secondo, da chi si ferma ad un passo dalla gloria e dalla fama imperiture. Johan Cruijff era solito ripetere: «Non credo che arriverà mai il giorno in cui, quando si parla di Cruijff, la gente non sa di cosa si stia parlando». La leggenda dell’Uomo Serpente vuole contribuire a tenere vivo il ricordo di un artista del pallone quale è stato Pieter Robert Rensenbrink. |