Note: Per capire qual è il futuro e l’importanza della nostra specie bisognerebbe abituarsi a uno sguardo dall’esterno, come quello che potrebbe avere un alieno o un cosmologo. Probabilmente questo cambio di prospettiva avrebbe come effetto secondario quello di renderci consapevoli delle conseguenze a lungo termine dei nostri gesti. Sapere che l’uomo, così com’è fatto, è il prodotto di quattro miliardi e mezzo di anni di evoluzione terrestre potrebbe motivare un ragionevole senso di onnipotenza, che sarebbe però immediatamente scalzato da ben altro orizzonte: la Terra ha davanti a sé forse altri sei miliardi di anni di vita e l’uomo potrebbe non essere l’apice della sua evoluzione. Sono questi i paesaggi che ci presenta Martin Rees, astronomo e cosmologo di fama internazionale, nonché successore di Fred Hoyle alla prestigiosa Plumian Professorship di Cambridge. Orizzonti cosmici che nulla hanno a che vedere con quella nuvola nera di cui parlava Hoyle. E se non è l’oscurità cosmica a far paura, è invece l’uomo la vera minaccia di se stesso. Secondo Rees, il nostro non tener conto del futuro – non soltanto terrestre – è la peggiore ipoteca che si possa mettere sull’avvenire della nostra specie. |