Note: In questo libro si racconta la storia di un uomo che condusse cento anni fa un viaggio incredibile. Una vicenda ricostruita sulla base di scritti originali semi-bruciati e deteriorati dai combattimenti in guerra, un diario rifatto da un amico del protagonista, testimonianze orali, cartoline originali, fotografie, cimeli e libri dell’epoca.
Da questo scrigno di ricordi emerge una vicenda di cadute e risalite continue di una persona che fin dall’infanzia sapeva fare bene tutto ciò che gli capitava.
Bravissimo a scuola, a sette anni rimane orfano di madre con conseguente calo di rendimento, successivamente superato fino all’acquisizione di borse di studio. A diciassette anni viene a mancare anche il padre. In profonda crisi abbandona studi molto promettenti durante la quarta Liceo per trasferirsi in una bella e frenetica Milano. Conosce Elena con cui costruisce la grande storia d’amore narrata in questo libro.
Attraverso la lunga narrazione dell’odissea di Lorenzo Morbini, nelle ambientazioni di città importanti come Milano e di piccoli centri di provincia come i paesi in cui il nostro eroe vive la sua infanzia e prima adolescenza, ci viene presentata un’Italia di inizio secolo, con i suoi dinamismi e le sue speranze. Ci porta dentro la disperazione di una guerra che nessuno si aspettava così terribile, ci narra un dopoguerra difficile, con il profilarsi del pericolo della dittatura.
E dentro tutto ciò pulsa il cuore di Lorenzo, così tenero e disperato, così profondamente intriso di amore per la sua Elena e per la causa politica a cui si dedica con tutto l’ardore di cui è capace, senza riuscire, questa volta, ad uscirne vincitore.
“Sulla collina noi siamo perennemente in posizione peggiore rispetto al nemico che è sempre posizionato più in alto di noi. Usciamo dalla trincea al grido “Savoia”. Dobbiamo correre in salita incontrando subito i reticolati intatti. Le mitraglie austriache ci fanno a pezzi. Chi sopravvive rimane intrappolato in qualche buca in mezzo al gas. Non riusciremo mai a conquistare la vetta ma solo qualche trincea nemica, solo qualche metro a costo di migliaia di vite. D’altronde è meglio morire piuttosto di vedere dappertutto i brandelli di carne dei tuoi compagni. Quando ritorni nella trincea da dove sei venuto, incontri i soldati venuti finalmente a darti il cambio, oppure le reclute. Li vedi spaventati e non capisci perché. Poi comprendi che siamo noi veterani a spaventarli, noi coperti di fango, sporchi come maiali, cupi e disperati, senza un briciolo di sembianza umana. È l’odore insopportabile che sentono i nuovi arrivati a spaventarli ulteriormente quando arrivano in trincea, un fetore di escrementi, di urina, di sangue dei feriti, di putrefazione dei morti insepolti a pochi metri da noi. È un’orrenda puzza di latrina e di mattatoio”.
Ci ritroveremo da qualche parte, nel posto che solo noi sappiamo. Ma non sarà come prima. Niente può essere come prima. Ho calpestato i campi della disperazione. Non si torna più indietro da lì. Posso andare oltre, ma quei campi sono dentro di me, prima o poi ci dovrò tornare. Devo costruire qualcosa di diverso. Devo inventarmi un posto buono. Dov’è quel posto dove ci amavamo? Da qualche parte che solo noi conosciamo. Perché non ci andiamo? Subito. Adesso. Io so che non mi salverò. Ma voglio andare in quel posto che solo noi conosciamo. Fosse anche per un giorno soltanto. Promettimi amore che ci andremo. Saremo io e te uniti, felici come non siamo mai stati. Non avremo una casa perché non ne avremo bisogno. Sarà un semplice posto. Un punto nemmeno segnato. It will be somewhere only we know. E sarà in un’altra vita. |