Note: Una scrittura molto variegata su che cosa fa, vede, ascolta e subisce chi trascorre gli ultimi anni della vita nelle case di riposo per anziani; appunti vergati su foglietti tenuti sulle ginocchia, che contengono note descrittive, osservazioni e impressioni di vita quotidiana da un «ghetto della vecchiaia». L’autrice però non è un’anziana qualunque, ma una sociologa, che ha speso una vita appassionata a studiare i problemi dell’assistenza agli anziani; una docente, che ha contribuito a formare alcune generazioni di operatori nel settore, che ci svela da utente il suo doloroso impatto contro una realtà che ha incessantemente immaginata, progettata, sperata e cercato di costruire affatto diversa. Ne è nato un diario molto originale e inaspettato, ma anche «una filippica verso l’assenza della politica e l’indifferenza delle istituzioni, un accorato appello al cambiamento, un resoconto di vite perdute, un’indagine feroce sull’inadeguatezza dei metodi delle strutture, un reportage agghiacciante dal gulag della disperazione, dove si gettano come rifiuti i grandi vecchi che hanno avuto la fortuna di giungere alla quinta età.» |