Note: Le avventure di Pinocchio è un’opera senza tempo, una storia di grande carica umana, un racconto nitidissimo, la cui polimorfica struttura da sempre offre lo spunto a molteplici interpretazioni. Un libro, peraltro, tradotto in più lingue, che, trascendendo i limiti della letteratura per l’infanzia, è diventato un vero classico, laddove classici sono libri che ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra lettura e portando dietro di sé la traccia che hanno lasciato nelle culture, nei linguaggi e nei costumi, che hanno attraversato. Ci sono libri intorno ai quali siamo condannati a girare in eterno, perché, se è vero che ad ogni lettura ci regalano certezze, è pur vero che ci pongono anche dubbi e, dunque, ci lasciano, appena letta l’ultima parola, il desiderio forte di una nuova penetrazione ermeneutica, perché ci sarà pur sempre un indizio che ci sarà sfuggito, ciò nondimeno fondamentale per la ri-costruzione della storia in sé e forse dell’intera vicenda umana. Come ben evidenzia Piero Dorfles, Pinocchio può ben dirsi la realizzazione mitica del bambino nei fondamentali modi di vivere i propri rapporti col mondo esterno. Infatti, è l’infanzia, la preistoria, passato e presente, la storia che tutti viviamo. Pinocchio catalizza le riflessioni sul mistero dell’essere dell’uomo. Il passaggio dallo stato dell’uomo primordiale a quello civilizzato è parallelo a quello compiuto dal bambino – burattino per arrivare alla condizione adulta. È la sintesi del percorso che l’uomo compie, dal momento in cui acquista coscienza di sé, allo sviluppo del pensiero astratto, alla ricerca del senso della vita. A chi osserva lo scontrarsi quasi meccanico di Pinocchio con le difficoltà che gli si parano davanti non può non venire in mente il comportamento di un bambino che, appena imparato a camminare, si avventura avido di conoscenza incontro al mondo. Cade, si dimentica subito del dolore e si riavvia, sotto l’occhio preoccupato di un genitore, verso le esperienze che lo attendono. È Pinocchio. È l’infanzia dell’uomo. Siamo noi. |