Note: L’impero dell’Avvenire si configura come poemetto filosofico antimoderno. Le liriche esplicano un linguaggio oracolare che rimanda al sacro, alla divinità, snodando l’angoscia dell’io narrante, che interroga Sofia, la Sapienza. Dopo la visione del Tramonto degli immutabili; l’invisibile io narrante, prende consapevolezza del Nichilismo come condizione dell’uomo postmoderno, e del nulla che circonda l’esistenza della Storia umana, scoprendo innanzi a lui la visione apocalittica dell’impero dell’Essere in rovina. Muovendosi nella notte chiara del nulla come un fantasma, l’io narrante, fra simboli che rimandano tutti alla stessa conclusione tragica: ossia che la vita umana non ha senso, nel dolore personale ritroverà la forza di esistere; un fondamento etico che lo salverà dal nulla e dalla visione della caduta dell’Impero. Sarà proprio Sofia che gli indicherà la strada di un sapere greco e remoto aprendogli la via dell’utopia; non rinascimentale ma reale come la ferita che provoca dolore. E proprio il dolore, come perno sacrale e metafisico dell’umano, farà riscoprire all’uomo, ridotto a mero fantasma, un futuro e la riedificazione dell’Impero dell’Avvenire. |