Note: Chissà quali muse invoca Silvana Cellucci per trovare l’ispirazione. Di certo, in questo suo ultimo romanzo breve, il genio della lingua ha fecondato la sua immaginazione e le ha suggerito scelte originali ed eloquenti. È un’umanità, quella ritratta nel romanzo, travolta dalle passioni, perfino nella gestualità assolutamente teatrale: ecco apparire, al centro del palcoscenico, l’altalena della schizofrenia sulla quale salgono e scendono freneticamente personaggi in preda ora all’esaltazione, ora alla disperazione; sulle quinte il grande affresco un po’ scolorito della tragica storia europea del Novecento; il sipario aperto a metà sul mondo contemporaneo affascinante e disgustoso, desiderato e rifiutato. L’artista non è l’attore protagonista della rappresentazione, ma solo una comparsa, un sognatore pieno di fantasie morbose, o forse semplicemente l’uomo qualunque in cerca di amore e di amare. Figure malinconiche e delicate che vivono il sesso come peccato o vagheggiano un’improbabile semplicità di vita, si confrontano con personaggi malvagi in preda alle ossessioni del materialismo, votati alla più brutale animalità, protagonisti di episodi della peggiore cronaca nera. Due mondi opposti, dunque, che si contaminano senza mai confondersi e che la sensibilità aristocratica e romantica di Silvana Cellucci riesce magicamente ad accordare. |