Note: Siamo nella magia del Salento, su uno scoglio pronti al tuffo, insieme a un bambino: nostro figlio. Poi siamo a Mosca, nella Piazza Rossa tutta coperta di neve. Siamo esuli a Los Angeles, oppure corriamo per le strade di Genova in fuga dai lacrimogeni. Vediamo Sarajevo e Baghdad martoriate dalla guerra, fremiamo nella sala d’attesa di un reparto maternita768;. Queste poesie di Nichi Vendola vibrano delle sue mille battaglie e formano una costellazione di infinite Patrie, linguistiche, emotive, culturali. Parole controcorrente rispetto al tempo che viviamo, parole che ospitano umanita768;, festeggiano il dono della diversita768;, invocano un patriottismo senza nazione o razza o genere; parole come cantieri, conflitti, gravidanze. La varieta768; di temi e ambientazioni si riflette in quella delle forme, dall’icasticita768; dell’ideogramma alla musicalita768; delle ballate e delle filastrocche. Sospesi tra passione e ideologia, questi versi sono pellicole cinematografiche, corpi vivi sulla scena, materia palpitante di desideri e allegrie e ansie e dolori. E768; una poesia, quella di Patrie, che non dice le cose: e768; le cose. Cose antiche, attuali o ancora da venire che, attraverso lo sguardo del poeta, giungono a vivere davanti a noi, sotto i nostri occhi.
«La mia patria e768; una nave corsara e768; un gioco, uno sbalzo un tormento ondulare non e768; fede amara di elmi di lame di sangue ma mito che langue nel circumnavigare nel rito dell’attraversamento occhi e braccia sempre in faccia ai mostri marini sempre a caccia di poveri cristi». |