Note: “Senzabrera”. L’immagine, folgorante, è di Gianni Mura, che raccontava così un mondo del giornalismo sportivo rimasto privo della sua stella polare. Se è vero però che Gianni Brera ha occupato per un trentennio lo scanno regale della professione, è altrettanto vero che la stessa aurea dimensione è toccata a Mura nel trentennio successivo. Si chiude, a questo punto, un cerchio ideale di comunanza che non ha più bisogno di date e neppure di confini anagrafici. Perché i “Senzabrera” vanno per un naturale processo di osmosi sentimentale a coincidere con i “Senzamura”, testimoni di un giornalismo sempre vissuto nelle sue componenti etiche, le stesse che Gianni ha affinato nel lungo rapporto con Gianni Brera che in questo, non tanto nella scrittura, gli è stato maestro. La scrittura no, Gianni Brera era talmente al di là di ogni percezione, nella struttura di un linguaggio così ferocemente innovativo, da non aver lasciato eredi. Di questo Mura dava evidente testimonianza schermendosi, da un lato, ma collocandosi al tempo stesso su un sentiero diverso, un sentiero persino più impegnativo da percorrere, con lo sguardo volto sempre con acume al “fuori”, a una dialettica orchestrata tra sport e contesto sociale. |