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Piccola storia di una grande donna
di Licia Pergola2007Pro Sanctitate
LETTERATURA, NARRATIVA, SAGGISTICA, RACCONTI, RELIGIONI, SPIRITUALITÀ
ISBN: 9788873961024
collana: Profili
condizioni: OTTIME CONDIZIONI

Note:
Piccola storia di una grande donna
Maria Domenica Brun Barbantini

di Licia Pergola

Editore: Pro Sanctitate

Anno: 2007 | numero di pagine: 84 | formato: altri

ISBN: 9788873961024 | lingua: italiano

Descrizione del libro

Maria Domenica nasce a Lucca il 17 gennaio 1789 da Pietro Brun di origine elvetica e da Giovanna Granucci di Pariana, piccolo centro della provincia lucchese. Di carattere aperto e intelligente, la piccola trascorre felicemente la prima infanzia tra le cure della madre e la rigida educazione paterna.
La sua adolescenza è invece segnata da quattro lutti: la morte del padre e quella di tre fratellini a breve distanza uno dall’altro. Con l’aiuto della paziente guida materna, Maria Domenica supera il dramma dei lutti ed entra nella giovinezza carica di sogni e di speranze, tutta impegnata nello studio delle discipline umanistiche e religiose, proprie del ceto medio borghese della sua epoca e della sua città.

Eroismo di sposa e di madre
Il 22 aprile del 1811, nella cattedrale di S. Martino in Lucca, Maria Domenica sposa il concittadino Salvatore Barbantini. È un matrimonio d’amore e di molteplici attese, ma dopo appena cinque mesi dalle nozze, lo sposo adorato muore improvvisamente lasciando tragicamente sola Maria Domenica già in attesa di un figlio.
Di fronte alla dolorosa prova, la vedova, appena ventiduenne, piange e singhiozza, ma non si lascia prendere dalla disperazione: ella s’inginocchia davanti al Crocifisso, la notte stessa della immane tragedia e, abbracciandolo, pronuncia il suo fiat con questa parole: Oh mio Dio... Dio del mio cuore... mi avete percossa a sangue... voi solo, Crocifisso mio bene, sarete da qui innanzi il dolcissimo sposo dell’anima mia... il mio unico e solo amore, la mia eterna porzione. Una consacrazione totale ed irrevocabile che nasce sul calvario di un dolore immenso e crudele, illuminato però da una fede viva, da una speranza senza confini, da un amore teologale autentico.
Da quel momento nasce in lei la passione di servire le inferme povere e sole della sua città. Poiché le cure del figlio le occupano l’intera giornata, ella dedica eroicamente alcune ore della notte all’assistenza delle inferme in case private.
Ma un’altra prova attende la giovane vedova: Lorenzino, il figlio amatissimo, che era tutta la consolazione di Maria Domenica sulla terra, muore quasi improvvisamente, colpito da grave malattia, all’età di soli otto anni.
La povera madre è sconvolta: Non so come non perdessi il senno, scrive lei stessa e, mentre il suo cuore straziato piange lacrime di sangue, ancora una volta ella trasforma in offerta quel dramma indicibile: Guardavo il cielo — afferma — e oppressa dal dolore, replicavo l’offerta di quell’unico amato figlio e dell’eccessivo mio dolore.

Il carisma profetico di Maria Domenica La donazione verso i malati
Da un matrimonio infranto e da una maternità spezzata, Maria Domenica seppe elevarsi attraverso l’abbandono totale a Dio ad una sponsalità cristica totale e ad una maternità spirituale ed universale.
D’ora in poi, il suo cuore materno brucerà d’amore, di tenerezza e di cure per i malati poveri e soli, per gli abbandonati, per i morenti.
Di giorno e di notte, sotto il sole cocente o la pioggia dirompente, ella percorre, con la lanterna accesa, le vie strette e buie della città di Lucca per raggiungere al capezzale le inferme più gravi e sole. Una notte, assalita da un uragano, le si spegne il lumicino; brancolando a lungo nel buio, ella arriva finalmente al domicilio desiderato, e, con gli abiti intrisi d’acqua, compie assistenza per tutta Ia notte non curandosi affatto di sé ma di Gesù, presente nelle membra inferme di quella persona malata.
Spesso, dopo una intera notte di servizio, faceva seguire anche il giorno senza prendere cibo. Talvolta assalita da un sonno terribile, mentre prestava assistenza, arrivò a mettersi il tabacco negli occhi; tate rimedio le procurava una sofferenza grave, ma efficace per tenerla sveglia e non privare le inferme del suo aiuto e conforto.
Talvolta, nel cuore della notte, era inseguita da ignoti male intenzionati; donna forte e coraggiosa non si faceva intimidire da nessuno; ella aveva in cuore una fiamma che non poteva spegnere: servire e curare Gesù stesso nascosto nel volto dei malati e sofferenti.
La fondazione del Monastero della Visitazione a Lucca
La ricchezza delle sue doti umane e spirituali, tra cui intelligenza, creatività, coraggio e intraprendenza, non sfuggirono all’attenzione del Vescovo e del clero della sua città. Essi infatti le affidarono il compito di stabilire in Lucca un Monastero della Visitazione per l’educazione della gioventù.
Maria Domenica, docile alla voce dei pastori e sensibile alle istanze della Chiesa, accettò l’impegno con generosità e determinazione.
Il suo zelo per la gloria di Dio, la rendeva capace di affrontare ogni difficoltà. Dopo circa sei anni intensi di lavoro e di tribolazioni, ella riuscì nell’intento di dare alla città di Lucca il monastero desiderato, ancor oggi esistente e ricco di vitalità spirituale e apostolica.
Il nuovo Istituto per i malati
Compiuta l’opera della Visitazione, emerge chiara, prorompente in Maria Domenica la vocazione profetica: fondare una Congregazione religiosa di Sorelle Oblate Infermiere per servire Cristo nelle membra doloranti dei malati e sofferenti, a tempo pieno e per tutta la vita.
Il 23 gennaio 1829 Maria Domenica dà inizio alla prima comunità delle Sorelle Oblate Infermiere. Povere e con poca salute, ma ricche di zelo e di amore per Cristo, la Fondatrice e le prime sorelle compirono prodigi di carità al capezzale delle inferme e morenti, nelle abitazioni povere, dove giacevano sole e abbandonate anche le moribonde.
La Fondatrice e le figlie avevano un solo ideale, come specifica nelle sue Regole: Visitare, assistere e servire il Dio umanato agonizzante nell’orto o spirante sulla croce nelle persone delle inferme povere e moribonde.. E tutto ciò con un cuore tutto avvampante della carità di Cristo.
Inoltre Maria Domenica insegnò alle figlie che la vocazione delle Ministre degli Infermi comporta il dono totale della persona nel servire il malato anche a rischio della vita. Per questo, nelle sue Regole, ella chiede ad esse la disponibilità al martirio: Serviranno Nostro Signore Gesù Cristo nelle persone delle inferme con generosità e purità d’intenzione, pronte sempre ad esporre la propria vita per amore di Cristo morto sopra una croce per noi.
La testimonianza di evangelica carità della Fondatrice e delle figlie, indusse mons. Domenico Stefanelli, Arcivescovo di Lucca, ad approvare le Regole e l’Istituto di Maria Domenica; ciò avvenne il 5 agosto 1841.

Maria Domenica “beata”
Nella sua lunga vita, Maria Domenica cercò unicamente la volontà di Dio e la sua maggior gloria. Nel suo cammino di configurazione a Cristo, assaporò l’amarezza della calunnia, che accolse: pregando, perdonando, e amando i suoi persecutori. Dedicò tempo e fatiche alla formazione spirituale e carismatica delle figlie.
Morì in Lucca il 22 maggio 1868, lasciando l’Istituto piccolo nel numero, ma forte nello spirito, generoso nel servizio ai malati.
Il 17 maggio 1995, in piazza S. Pietro, Giovanni Paolo II ha proclamato solennemente Beata Maria Domenica Brun Barbantini, indicandola al mondo quale testimone autentica di un amore evangelico concreto per gli ultimi, gli emarginati, i piagati; un amore fatto di gesti di attenzione, di cristiana consolazione, di generosa dedizione e di instancabile vicinanza nei confronti degli ammalati e dei sofferenti.
Beatificata il 17 maggio 1995.


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