Pikilia di Gianmario Marica 

€ 20,00

 

Pikilia
di Gianmario Marica,  2022,  Youcanprint
VIAGGI
ISBN: 9791220395823
condizioni: NUOVO

Note:
Gianmario Marica è nato a Neckarsulm a nord di Stoccarda, classe 1972, figlio di emigrati sardi in Germania, più precisamente nel punto in cui si uniscono le rive del Neckar l’affluente Sulm. Il fiume avrà la sua importanza come il mare, quello mediterraneo. Una infanzia all’insegna della multiculturalità ed una adolescenza completata in Sardegna con altri compagni non più turchi, tedeschi o slavi ma di mezza Sardegna. È in quest’isola che la sua famiglia, il padre Giuseppe, la madre Eugenia con la sorella Franca si trasferirono insieme a lui nel settembre del 1985, nel paese natale della loro madre, Montresta. Era un Europa meno tascabile , senza voli low cost e internet.A tarda età entra in confidenza con il monte sopra Montresta, chiamato Navrino, subito dopo il suo primo viaggio in Grecia nel luglio del 2008. Una sorta di dialogo fatto prevalentemente di provocazioni e vocazioni e soprattutto di pensieri, dubbi e curiosità. Ma è bastata la caduta di una vocale dentro la parola Nav(a)rino per ripartire per la Grecia per Navarino nella Messinia in Peloponneso, in linea d’aria vicino a Itilo nel Mani. La montagna che sovrasta Montresta gli dette la molla decisiva per ritornare in Grecia dopo avergli fornito non solo informazioni botaniche, di colori, di profumi ma soprattutto storiche che nessuno aveva mai preso in esame, nemmeno il curioso Don Costantino Moretti, l’ex-parroco di Montresta in servizio per oltre mezzo secolo e grande appassionato della storia di Montresta della colonia greco maniota. Don Moretti originario di Tresnuraghes è stato il primo a occuparsi seriamente delle origini di Montresta. Verso la fine degli anni 70 insieme a Gigi Stara, il noto mobiliere di Bosa e zio della madre dell’autore, raggiunse con una Alfa Romeo Giulia dello zio il paese Cargese la Greca a nord di Ajaccio. Il materiale raccolto sarebbe servito per il suo libro. Nessuna amministrazione comunale sembrava interessata ad approfondire gli studi contattando per esempio i sindaci di Cargese e di Itilo. Questo avvenne solo nel 2010 due mesi dopo il rientro dal Peloponneso. La lunga gestazione nello scrivere è dovuta anche a nuovi incontri. In tempi più recenti l’autore scopre da vicino il poeta svevo Friedrich Hölderlin e ne resta folgorato fin fai primi versi del suo famoso romanzo Iperione. La coincidenza della descrizione della scenografia naturale è esattamente sovrapponibile con i ricordi e le impressioni del suo primo viaggio nel Peloponneso. Con Atene alle spalle, l’isola di Salamina sulla sinistra e Corinto con il suo moderno canale costruito nel frattempo. È soprattutto tutto quello che incontrerà nel Peloponneso dal punto di vista naturalistico e le somiglianze orografiche a suggestionarlo nel racconto anche baroccheggiante di Hölderlin, un uomo che non aveva mai messo piede in quella terra oggi chiamata Grecia, denominazione per la quale pure lui aveva speso energie di ogni sorta fino alla profonda delusione nel suo gruppo di compatrioti ed amici di lotta come Alabanda. La scoperta antropologica del Mani avvenne nei momenti successivi ad iniziare dallo storico incontro chiamato Nostos. In ordine cronologico la visita di Itilo nel settembre 2009 fu il momento più importante di tutti i viaggi fatti con i riflettori spenti sul gemellaggio Nostos, di impronta istituzionale simile ad un fuoco di paglia.I ricordi della prima visita a Itilo mentre offriva ai pochi abitanti le piccole pietre di Navrino di Montresta poco distante dal cippo commemorativo della piazza di Itilo tra i tavolini del bar di Stavros. Un cippo che spiega anche in francese cosa era accaduto in loco vent’anni prima con Cargese di Corsica e non si poteva immaginare che l’anno successivo sarebbe stato il turno di Montresta , un paese che nessuno conosceva in Lakonia.Il paese greco Itilo, menzionato in altra forma nell’Odissea, ha stretti rapporti con il paese corso Cargese e non si poteva immaginare appunto quello che sarebbe accaduto l’estate successiva, un desiderio avveratosi prima del previsto, un nuovo rapporto con il sogno, quello che ha portato l’umanità fino alla luna. Questa prima grande reunion storica in terra sarda Nostos non riusciva a cancellare il fascino del viaggiatore solitario e la sua iniziazione verso un mondo nuovo che inizialmente viene menzionato sulla parte bianca delle righe. L’allineamento così rapido degli astri ed una sinergia organizzativa con la neonata Proloco di Montresta, presidente della stessa, con il comune di Montresta con a capo il sindaco Antonio Zedda, coordinati da Jannis Korinthios di Aversa e nativo dell’isola di Tinos, per rendere possibile l’incontro con le anime fluttuanti della politica greca. Fu un sospiro di sollievo quando l’aereo da Roma toccò la pista dell’aeroporto di Alghero con la delegazione greca. L’isola di Tinos sarà presente nel romanzo di Hölderlin insieme ai moti d’indipendenza ellenici, che si ricorda ogni mese di marzo nella piazza di Areopolis diventato intanto un surrogato del progetto Nostos.Con Hölderlin sorprende il fatto di essere tutti due nati sulle rive del Neckar, in territorio svevo, ma anche del ruolo determinante degli esiti della battaglia di Navarino per i moti greci e per l’intero assetto geopolitico europeo. Il Mani come Constantinopoli , collocato tra oriente ed occidente, faceva gola come la Sardegna, quest’ultima la regione più militarizzata d’Europa. Nonostante il risultato patta della strategia attuata dalla triplice e duplice, la battaglia navale, devastante per tutte le flotte, segnò la fine del giogo turco dopo secoli e la notizia circolò in tutta Europa fino alla Russia, essa parte della triplice con gli anglo-francesi. La notizia dell’epica battaglia di Navarino giunse anche nel sperduto salto tra Alghero e Bosa dove i coloni greci si erano stabiliti grazie al clero locale ed il papa Benedetto XIV. I manioti furono accolti in Corsica ed in Sardegna dopo la fuga dai turchi e da Napoleone, quest’ultimo più interessato alla Corsica ma anche alle terre del Peloponneso.La ricerca delle origini greche di entrambi non coincide in tutto con le motivazioni e le spinte interiori. Hölderlin era più intento a fare ritorno al passato per recuperare il bello perduto, la patria ed il profumo del fieno ed in questo l’autore ricorda i migranti ed il padre affetto da quel mal d’Africa tipico degli isolani. Quello che accomuna tutti è il rapporto con la natura e la visione delle cose svelate solamente a sguardi attenti. Il Mani come iniziazione alla poetica come quella del migrante lontano da casa. La natura come l’unico vero e reale caposaldo esistenziale, diametralmente opposta e contraria alla mutevolezza umana, pronta ad usare la patria per qualche scopo più ombroso, in un lavoro di gruppo, scavalcando la potenza rigeneratrice, dipendente da una divinità ( l’uomo stesso alla fine ) o da Dio, Allah o Jaweh nelle guerre di religioni.La ricerca delle origini greche rappresenta per tutti una forma di terapia, nel caso di questo autore é la storia di una persona confusa dalle troppe radici. Come ogni guarigione essa ha senso se viene condivisa. Nel caso di Hölderlin la visione della potenza distruttrice della tecnologia e del nichilismo ma che avvicinerà alcuni, una volta toccato il fondo, sulla strada del bello.La differenza tra viaggiare e il fare turismo, il muoversi per piacere e per necessità, la distinzione tra l’io ed il sè, sono tutti elementi che introducono agli atteggiamenti colonialisti e per far capire come le guerre scritte in piccolo sono sempre guerre e partono dalla non tolleranza. L’ autore ricorda la migrazione di milioni di sardi ed italiani ed evidenzia i punti comuni delle migrazioni. È in questi punti che si inizia a respirare a pieni polmoni il libro. Al bordo rimane sempre la ricerca delle proprie origini ma cade l’obbligo di ogni ordine cronologico visto che il tema viene affrontato sin dagli albori dell’umanità per quel bisogno ancestrale di mettersi in moto. L’autore resosi conto che proprio i nazionalismi avevano determinato la sua gettazione in Svevia entra in confidenza con i sostenitori del pensiero nero della tristemente famosa Alba Dorata. Viene invitato per ulteriori gemellaggi nella città del Pireo dove stringe la mano al cugino del leader di Alba Dorata, il sindaco. Un viaggio solitario assume una portata diversa davanti a telecamere e traduttori simultanei per una platea interessata ad ascoltare tutta la storia descritta fino a ora.I festeggiamenti di marzo ad Areopolis hanno per lui un retrogusto aspro. I tenerissimi manioti sono forgiati dalla poesia di guerra dai banchi di scuola e non dalla poesia frutto dell’osservazione della natura che tende a piccoli passi verso il disvelamento. La ricerca di patria diventa una delusione come lo era stato anche per Hölderlin in questo suo romanzo autobiografico. Il racconto serve per ricordare anche il sacrificio dei migranti di ieri e di oggi, ma è rivolto soprattutto a chi afferma che i nazionalismi esistono solo nei libri di storia o addirittura mai esistiti.Così un diario di viaggio lungo dieci anni e otto viaggi nel Peloponneso può riguardare anche chi non ha legami con Montresta o con la Svevia in una forma semi romanzata. Una matrioska di storie unite da una nota di fondo, quella dell’angoscia umana che volutamente viene chiamata paura, quella che teme il nuovo. Come figlio di emigrati dichiara di aver degustato il razzismo e l’intolleranza e comprende la ricerca del bello di Hölderlin, quel bello e quella poesia che mancava a molti. La patria non è mai la stessa per giungere alla conclusione riabilitativa della vera patria come il rapporto stabilito con qualcosa di non umano. Ogni partecipazione clanistica porta prima a poi a tradimenti o cambi di statuto troppo lontani da quell’essere definito da Hölderlin o meglio da Talete il Tutto con Uno a cui aggiunge Il tedesco…. quello è il vivere degli dei) (in un percorso arduo ma più soddisfacente da non con confondere con una premiazione). La ricerca per far uscire alla luce un significato di patria che si manifestava anche nel storico incontro avvenuto a Montresta, che si conclude con una maggiore comprensione di se stesso, con un rapporto diverso con il proprio IO condizionato da più culture, lingue e mentalità.Tutto è mutevole, compresa la patria ombratile che si alimenta dalla natura di cui non scopre l’essere, incapace di affrontare le esperienze solitarie, poiché la patria anche se scritta al singolare, è quasi sempre un pensiero collettivo più facile da vivere come la Heimat tedesca, a cui dedica diverse righe per il suo significato più articolato e contradditorio. I sentimenti di patria come nell’antichità mescolano il gioco con la guerra ed in questo riconosce i greci manioti durante queste feste di piazza dove ancora si esprime l’odio verso i turchi anche tra i denti di latte.Il bisogno di appartenere è favorito dall’incapacità di vedere le cose non visibili come invece sa fare il poeta e che può coincidere con colui che sta lontano dalla propria terra. Così l’esperienza familiare si intreccia con le migrazioni più remote ma rivolge l’attenzione anche alle migrazioni moderne verso le isole del mediterraneo come Lesbo, Lampedusa e la Sardegna per tornare alla diaspore maniota nelle stesse acque fino oltre Gibilterra.Nel libro si affrontano soprattutto gli ultimi cent’anni di storia di emigrazione a partire da quella verso l’America. L’uomo ha il movimento nel suo DNA ma altri fattori ambientali si sommano obbligandolo di lasciare la propria terra. Non meno devastante è la nostalgia con la voglia di riavvolgere il nastro. Un sentimento di patria che si chiede chi sono? Il libro è dedicato soprattutto a chi ama fare un découpage con le pagine della storia, con le dita dei nazionalismi, con un peso specifico diverso anche sulle sue latitudini mediterranee e non solo in Sassonia e nelle regioni balcaniche. Il mare è sinonimo di accoglienza e la terra di tolleranza e sono la loro storia. Cosa sarebbe oggi la Sicilia senza gli arabi ed i normanni, la Sardegna senza i greci, gli egizi e gli stessi turchi, cartaginesi ed etruschi. Non esiste il passato, il presente ed il futuro per tutte quelle storie che sono quotidiane e ripetute spesso nel dolore. Lo scopo é quello di trovare un posto tranquillo, salubre, in pace e dove migliorare la propria condizione di vita. Lo scopo del libro è aprire gli occhi verso i nuovi e nascenti nazionalismi ravvisabili nel legno tenero e stare tutti a tavola per mangiare da un vassoio la pikilia, il fritto misto greco che sorprende il convivio artefice del saper vivere e stare nel mondo. Un blog di viaggio diventato un romanzo esistenziale anch’esso. Incontri e scoperte che a volte sembra o coincidenze. Il nucleo è il movimento dei popoli, l’intolleranza, la ricerca identitaria e la scoperta di un nuovo nucleo di patria dentro se stesso.

Scrivi una recensione

Nome:

La tua recensione:

Note: HTML non è tradotto!

Voto: Pessimo Buono

Inserisci il codice mostrato in figura: