Il primo di tre volumi che esplorano le città distrutte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. con l’occhio del vulcanologo alla ricerca delle tracce cancellate della distruzione operata dal vulcano.Fotografie poco nitide, pagine di vecchi e nuovi libri, introvabili i primi, costosissimi i secondi, quaderni di scavo in spagnolo e in un italiano ottocentesco, infinite giornate nei siti. Ritrovare il punto di partenza degli scavi di Pompei e Ercolano e, con questo, la storia della loro fine e della loro scoperta richiede qualche sforzo. Chi vuole conoscere l’eruzione che li ha sepolti, la più didattica, la più drammatica, la più famosa al mondo, è costretto a raccogliere informazioni, a ricostruire situazioni che non ci sono più, con la speranza di contribuire a fermare la distruzione di un libro alto fino a venti metri, non fatto di pagine, ma di cenere, pomici, muri, legni, uomini. Per conoscere Pompei e Ercolano, bisognerebbe sapere quante pietre si sono staccate dai muri delle case nel corso dell’eruzione, risalire a quante ne sono cadute durante le varie fasi di scavo, quante dopo gli scavi, quante ancora restano pericolanti e cadranno in futuro. Quanti abitanti si sono salvati, chi e perché non c’è riuscito.Da queste considerazioni nasce il desiderio di scrivere il presente libro, suddiviso in tre volumi, che non è una guida archeologica (ce ne sono tante, scritte da specialisti), anche se sconfina necessariamente tra i reperti, ma scaturisce dalla necessità di raccogliere i pochi dettagli rimasti di un evento naturale tanto violento quanto raro da studiare. Un tentativo di proporre una fruizione completa, da parte di tutti, di una ricchezza e di una opportunità che non ha uguali al mondo. Non è per vulcanologi, ancora meno per archeologi. È per chi è curioso.
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