Note: Il bosco di Sherwood in Gran Bretagna è conosciuto per la leggenda di Robin Hood. In queste terre è accaduto anche altro, ovvero è stato il luogo della rivolta dei luddisti. Il luddismo è il movimento dei tessitori inglesi dei primi dell’Ottocento, che si opposero alle nuove macchine tessili della rivoluzione industriale.
I luddisti tentarono una lotta contro una certa tecnologia e un certo tipo di progresso che stavano distruggendo le loro tradizioni, vale a dire saperi, forme di solidarietà, pratiche di vita, arte e comunità. Si rivoltarono non solo contro lo sviluppo tecnologico, ma anche contro la logica del profitto che arricchisce poche persone a scapito di tutte le altre.
I luddisti tentarono in questo modo di farsi giustizia da soli, in mancanza di un governo che salvaguardasse la loro autosufficienza economica, che comprendeva la vera civiltà fatta dalle comunità di vicinato, la casa, i campi, il mercato in piazza, le abilità del lavoro manuale. L’autore di questo libro vuole liberare i luddisti dalla storiografia ufficiale che li descrive come ottusi demolitori di macchine e raccontarli invece come l’unico movimento popolare che riuscì a capire cosa l’industrialismo avrebbe significato per l’umanità e la natura.
Bisogna chiarire che i luddisti si opponevano ai macchinari nocivi alla comunità perché il problema non consiste nell’usufruire o nell’astenersi dalla tecnologia, ma nel chiedersi se la tecnica si riveli benigna o maligna per chi vi ricorre, per la comunità circostante, per la cultura, per l’ambiente, per il futuro.
Questo libro, scritto in forma narrativa e con la sistematicità di un saggio storico e sociologico, è più che mai attuale in epoca di rivoluzione informatica e ci può fornire anche un po’ di saggezza luddista per sopravvivere come specie |