Note: 1943. Nella Francia occupata dai tedeschi, un giovane ufficiale, Robert B., rientra a Parigi dopo più di tre anni di prigionia. Nell’attesa di un treno che, dalla Gare de Lyon, lo riporti finalmente a casa, ha un pugno di ore da spendere nella capitale e un impegno da assolvere: trovare Marie-Anne, la ragazza che il suo compagno dell’Oflag in cui erano rinchiusi, Bruno Berthier, ha conosciuto durante una breve licenza dal fronte e di cui è rimasto innamorato. Ha inizio così una ricerca attraverso una città che non ha più nulla della Parigi da Robert conosciuta prima della guerra: strade vuote di automobili, mercato nero, code, vetrine spoglie, un’atmosfera di paura, rabbia, disordine morale, troppo volti sconosciuti, nessun volto che riesca a risplendere nel ricordo. Via via che le ore scorrono, la ricerca assume i contorni di una vera e propria inchiesta, perché anche la polizia è intanto sulle tracce di Marie-Ange, resasi irreperibile: il corpo del suo ex marito è stato infatti ritrovato alla frontiera franco-belga, in un camion contenente merci di contrabbando. E perché? C’erano ancora rapporti fra loro? Che ne è stato del figlio che avevano messo al mondo? In Sei ore da perdere, Robert Brasillach costruisce un perfetto noir alla Simenon dove una struttura a incastro illumina di volta in volta gli indizi in vista della loro finale collocazione, ma traccia altresì un crudele quanto illuminante ritratto di una capitale in tempo di guerra dove il senso del «tragico sociale» fa strame di ogni illusione sul passato e sull’innocenza dei suoi protagonisti. Scritto di getto in pochi mesi, pubblicato come feuilleton per il settimanale «La Révolution nationale» dal marzo al giugno del 1944, questo poliziesco d’atmosfera è l’ultima prova narrativa di Brasillach e un’ulteriore conferma, qualora ancora ce ne fosse bisogno, del suo grande talento di narratore. |