Note: La ragazza che non voleva più vivere considerando la propria madre come morta voleva ancor meno nutrire le illusioni della vita. Cercò dunque di allontanarsi da quell’uomo a tutti i costi, perché era troppo perfetto per chi appartiene al Sole, per chi ha bisogno di nascere con il Sole, ogni mattina, senza ricordi di ciò che è successo in passato e senza progetti per i giorni a venire, senza paura di separarsi dalle montagne e dai mari, dalla vita, ogni giorno. Lívia cominciava a sentirsi così: volubile a ogni rinascita. Non sentiva più il bisogno, né trovava ragioni per pianificare qualcos’altro. Voleva apparire meno e vivere di più, perché il presente non era solo uno dei tempi dell’indicativo, né nessun altro tempo verbale; il presente era un dono di Dio: arrivava con il Sole, anche nei giorni in cui le nuvole lo tenevano nascosto. Non proprio con queste parole, ma era questo ciò che pensava, perché il suo essere parte di un astro la faceva riflettere sul vivere, dal momento che semplicemente essere non le bastava più. Lívia era stata una persona che viveva per il futuro. In quelle ore di conoscenza di sé, diceva alla sua nuova versione che quando si proiettava nel futuro non aveva vissuto. E, nell’attesa, si era buttata nei piaceri e nelle vanità, in tutte le fasi vissute fino a quel momento. Si era anche immersa in tanti libri, si era persa tra tanti amori imperfetti e si era ritrovata felice tra le strade di Milano, che ora non erano più le stesse, o non esistevano più. Forse erano le aspettative di prima a non essere più a sua disposizione, così come l’entusiasmo per le banalità. Non sapeva bene cosa fosse cambiato dentro di lei, aveva solo la certezza che, da quando la piccola Luna aveva tirato fuori le lettere nascoste tra le cose di suo padre, non aveva più ritrovato quella ragazza che desiderava solo il futuro. E la nuova ragazza che si stava allontanando dalla propria freddezza voleva calore, voleva alcuni dei ricordi di quei tempi in cui tutto era Sole dentro di lei. Era stato proprio nel tentativo di cercare quei ricordi che aveva visto rinascere quella ragazza, che si sentiva pronta non solo a dissotterrare tutto ciò che lei stessa aveva ucciso e seppellito nel suo cuore, ma ancora di più a piantarvi dei fiori per ogni vuoto che si creava ogni volta che ne sradicava ricordi e persone che stavano resuscitando o rinascendo con lei. Aveva bisogno di trasformare il proprio cuore in un giardino, perché non voleva più sentire pulsare dentro di sé un cimitero di emozioni, momenti e persone che facevano parte di lei; voleva vederli sbocciare. Semplicemente, non aveva intenzione di costruirci un sogno o un piano. La sua volontà era quella di essere un Sole per il suo nuovo giardino in quel momento, in quell’istante. Non poteva, quindi, aspettare. La Lívia di prima avrebbe aspettato. Ma quella di adesso lo voleva subito. E anche se il poeta o il più saggio dei saggi le avesse detto che bisognava aspettare, lei non avrebbe rinunciato a essere quella nuova donna. Perché si sentiva meglio vivendo come lei. Si sentiva molto più simile a sé e al Sole, poiché la Lívia del passato era stata solo una farsa di ragazza, poi di donna e, in fondo, non era niente. Niente che fosse degno della sua ammirazione o dell’ammirazione di quell’uomo perfetto, che le aveva parlato del futuro e di tutto ciò di cui non lei voleva più parlare, perché voleva solo vivere il presente, abbracciarlo con tutta la realtà della vita che era solo sua e che le era mancata per tanti anni, quando non sapeva nemmeno che le mancasse qualcosa. |