Note: Nella recente Comunicazione della Commissione Europea contenente la nuova Strategia UE per la Biodiversità al 2030 si legge a chiare lettere che per essere sana e resiliente una società deve dare alla natura lo spazio di cui ha bisogno. La recente pandemia ci insegna quanto mai sia urgente intervenire per proteggere e ripristinare la natura: ci sta facendo prendere coscienza dei legami che esistono tra la nostra salute e la salute degli ecosistemi (…) il rischio di insorgenza e diffusione delle malattie infettive aumenta con la distruzione della natura. Per rafforzare la nostra resilienza e prevenire la comparsa e diffusione di malattie future è perciò fondamentale proteggere e ripristinare la biodiversità e il buon funzionamento degli ecosistemi. In questo lavoro si è soffermata l’attenzione su un elemento della biodiversità fondamentale per gli ecosistemi costieri e per l’ambiente in generale: la posidonia oceanica. Si tratta di una fanerogama marina che svolge importanti servizi ecosistemici in particolare nel contrasto all’erosione delle coste (mitigando la forza erosiva del moto ondoso) e nel contrasto ai cambiamenti climatici (attraverso la capacità di stoccaggio permanete di co2 dall’atmosfera). Per meglio comprendere il concetto di servizio ecosistemico e capitale naturale (di cui alla221 / 2015 recante Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali) , si è partiti dal ruolo ecologico della posidonia riportando i risultati di studi scientifici del settore e di amministrazioni costiere italiane straniere. Nonostante le normative internazionali e comunitarie che tutelano questa pianta sia nella forma delle praterie che degli spiaggiamenti, non esiste a livello nazionale una norma di tutela specifica per gli spiaggiamenti nonostante questi siano considerati: habitat determinanti del Mediterraneo dal protocollo Aspim della convenzione di Barcellona, siano un elemento fondamentale della biodiversità marina e costiera (di cui alla Convenzione sulla biodiversità), facciano parte del ciclo biologico della pianta e quindi siano elementi indispensabili per la salute delle stesse praterie tutelate dalla direttiva habitat. Inoltre, nonostante il ruolo ecologico fondamentale di queste fanerogame le circolari del mattm (al momento l’unico punto di riferimento per regioni e comuni costieri per la gestione degli spiaggiamenti) prevedono la possibilità di rimuoverle dalle spiagge laddove entrassero in conflitto con le esigenze di fruizione turistica. Una recente sentenza della Corte Costituzionale, rileva che, i residui della posidonia depositati sulle coste e sugli arenili hanno una peculiare natura per essere, al contempo, risorsa di salvaguardia ambientale da un lato, e sostanza da assoggettare alla disciplina sui rifiuti, dall’altro. Quindi allo stato della normativa attuale le Regioni costiere (ma anche i comuni e gli stessi gestori) possono decidere di ripulire anche alla vista le spiagge dagli spiaggiamenti di posidonia purchè ciò accada nel rispetto della normativa sui rifiuti, eventualmente anche conferendo in discarica una biocenosi protetta. Nel lavoro si è voluto evidenziare l’enorme danno all’ambiente che queste operazioni di pulizia creano alle spiagge non solo in termini di perdita di bilancio sedimentario (e tanto altro ampiamente evidenziato da tutti gli studi scientifici del settore) ma anche in termini di potenziale degrado delle stesse praterie che, una volta degradate o distrutte, rilasceranno nell’atmosfera e nei mari il carbonio che hanno immagazzinato per secoli diventando una ulteriore fonte di inquinamento. Si è evidenziata pertanto la necessità di superare le tensioni fra sviluppo socio-economico e conservazione degli equilibri ecosistemici costieri sia attraverso la valorizzazione dei servizi ecosistemici della posidonia oceanica; sia attraverso una reale integrazione normativa delle politiche di tutela, fruizione e delle pratiche gestionali sulle zone costiere (di cui sono stati forniti alcuni suggerimenti nelle diverse normative attualmente esistenti); sia attraverso la comprensione e la conoscenza delle concrete possibilità di crescita economica, anche in termini di posti di lavoro sia in termini di remunerazione dei servizi ecosistemici, che la conservazione della natura porta con sè. Anche allo stato normativo attuale, alla luce degli studi di ecologia del paesaggio alla base anche della Convenzione europea sul paesaggio le tutele dei beni paesaggistici del codice Urbani andrebbero lette legando fra loro gli elementi del paesaggio nel loro significato ecologico (mare, costa, duna, retroduna, zona umida) comprendente anche quegli elementi della biodiversità che ne garantiscono la vitalità (fra i quali la posidonia sia praterie sia spiaggiamenti). L’UE, nella comunicazione citata, ritiene di cruciale importanza investire nella protezione e nel ripristino della natura per la ripresa economica dell’Europa dalla crisi pandemica, in questo contesto una particolare attenzione è stata dedicata proprio al ripristino di habitat ricchi di carbonio Le regioni costiere per l’importante contributo che le praterie di posidonia possono offrire alla mitigazione ai cambiamenti climatici, potrebbero assimilare la gestione delle spiagge e delle zone costiere, a quella delle foreste predisponendo studi specifici per finanziare le attività di ripristino e / o conservazione anche ai fini di una possibile remunerazione per l’azione di mitigazione. Le regioni potrebbero investire l’enorme capitale che ogni anno spendono per gli spostamenti della posidonia ed altre operazioni di smaltimento in programmi di tutela delle coste, per una gestione davvero integrata in attuazione del protocollo gitz. In via del tutto marginale, si è inserito il discorso della tutela della posidonia nel più ampio contesto della sostenibilità ambientale (mobilità verde e energia rinnovabile) un principio che si impone dal 1972 nel panorama giuridico internazionale e che tuttavia necessita ancora di una più oggettiva definizione fondamentale per la sua concreta attuazione. Dall’analisi delle criticità di funzionamento di importanti istituti giuridici basilari in un’ottica di precauzione e prevenzione di danni spesso irreparabili (in particolare VIA e VI) si è potuto constatare come si sia ancora lontani da una impostazione di sostenibilità di tipo forte, da una impostazione metodologica solida a tutela della natura, della biodiversità e di conseguenza della nostra salute. Eppure, la sostenibilità forte, pur necessitando di modelli di consumo e di programmazione economica diversi si presenta tuttavia maggiormente democratica nell’utilizzo delle risorse e nella distribuzione dei benefici, e tende all’incremento delle libertà individuali fondamentali cosa che l’insostenibilità sta via via negando (negando la salute, la possibilità di autodeterminazione nelle scelte essenziali) togliendo dignità e libertà. Anche ripristinare un ecosistema degradato comporterà restrizioni alla libertà nel lungo periodo molto maggiori di un suo utilizzo sostenibile e anche maggiori costi a carico della collettività. Nella recente Comunicazione della Commissione Europea contenente la nuova Strategia UE per la Biodiversità al 2030 si legge a chiare lettere che per essere sana e resiliente una società deve dare alla natura lo spazio di cui ha bisogno. La recente pandemia ci insegna quanto mai sia urgente intervenire per proteggere e ripristinare la natura: ci sta facendo prendere coscienza dei legami che esistono tra la nostra salute e la salute degli ecosistemi (…) il rischio di insorgenza e diffusione delle malattie infettive aumenta con la distruzione della natura. Per rafforzare la nostra resilienza e prevenire la comparsa e diffusione di malattie future è perciò fondamentale proteggere e ripristinare la biodiversità e il buon funzionamento degli ecosistemi. In questo lavoro si è soffermata l’attenzione su un elemento della biodiversità fondamentale per gli ecosistemi costieri e per l’ambiente in generale: la posidonia oceanica. Si tratta di una fanerogama marina che svolge importanti servizi ecosistemici in particolare nel contrasto all’erosione delle coste (mitigando la forza erosiva del moto ondoso) e nel contrasto ai cambiamenti climatici (attraverso la capacità di stoccaggio permanete di co2 dall’atmosfera). Per meglio comprendere il concetto di servizio ecosistemico e capitale naturale (di cui alla221 / 2015 recante Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali) , si è partiti dal ruolo ecologico della posidonia riportando i risultati di studi scientifici del settore e di amministrazioni costiere italiane straniere. Nonostante le normative internazionali e comunitarie che tutelano questa pianta sia nella forma delle praterie che degli spiaggiamenti, non esiste a livello nazionale una norma di tutela specifica per gli spiaggiamenti nonostante questi siano considerati: habitat determinanti del Mediterraneo dal protocollo Aspim della convenzione di Barcellona, siano un elemento fondamentale della biodiversità marina e costiera (di cui alla Convenzione sulla biodiversità), facciano parte del ciclo biologico della pianta e quindi siano elementi indispensabili per la salute delle stesse praterie tutelate dalla direttiva habitat. Inoltre, nonostante il ruolo ecologico fondamentale di queste fanerogame le circolari del mattm (al momento l’unico punto di riferimento per regioni e comuni costieri per la gestione degli spiaggiamenti) prevedono la possibilità di rimuoverle dalle spiagge laddove entrassero in conflitto con le esigenze di fruizione turistica. Una recente sentenza della Corte Costituzionale, rileva che, i residui della posidonia depositati sulle coste e sugli arenili hanno una peculiare natura per essere, al contempo, risorsa di salvaguardia ambientale da un lato, e sostanza da assoggettare alla disciplina sui rifiuti, dall’altro. Quindi allo stato della normativa attuale le Regioni costiere (ma anche i comuni e gli stessi gestori) possono decidere di ripulire anche alla vista le spiagge dagli spiaggiamenti di posidonia purchè ciò accada nel rispetto della normativa sui rifiuti, eventualmente anche conferendo in discarica una biocenosi protetta. Nel lavoro si è voluto evidenziare l’enorme danno all’ambiente che queste operazioni di pulizia creano alle spiagge non solo in termini di perdita di bilancio sedimentario (e tanto altro ampiamente evidenziato da tutti gli studi scientifici del settore) ma anche in termini di potenziale degrado delle stesse praterie che, una volta degradate o distrutte, rilasceranno nell’atmosfera e nei mari il carbonio che hanno immagazzinato per secoli diventando una ulteriore fonte di inquinamento. Si è evidenziata pertanto la necessità di superare le tensioni fra sviluppo socio-economico e conservazione degli equilibri ecosistemici costieri sia attraverso la valorizzazione dei servizi ecosistemici della posidonia oceanica; sia attraverso una reale integrazione normativa delle politiche di tutela, fruizione e delle pratiche gestionali sulle zone costiere (di cui sono stati forniti alcuni suggerimenti nelle diverse normative attualmente esistenti); sia attraverso la comprensione e la conoscenza delle concrete possibilità di crescita economica, anche in termini di posti di lavoro sia in termini di remunerazione dei servizi ecosistemici, che la conservazione della natura porta con sè. Anche allo stato normativo attuale, alla luce degli studi di ecologia del paesaggio alla base anche della Convenzione europea sul paesaggio le tutele dei beni paesaggistici del codice Urbani andrebbero lette legando fra loro gli elementi del paesaggio nel loro significato ecologico (mare, costa, duna, retroduna, zona umida) comprendente anche quegli elementi della biodiversità che ne garantiscono la vitalità (fra i quali la posidonia sia praterie sia spiaggiamenti). L’UE, nella comunicazione citata, ritiene di cruciale importanza investire nella protezione e nel ripristino della natura per la ripresa economica dell’Europa dalla crisi pandemica, in questo contesto una particolare attenzione è stata dedicata proprio al ripristino di habitat ricchi di carbonio Le regioni costiere per l’importante contributo che le praterie di posidonia possono offrire alla mitigazione ai cambiamenti climatici, potrebbero assimilare la gestione delle spiagge e delle zone costiere, a quella delle foreste predisponendo studi specifici per finanziare le attività di ripristino e / o conservazione anche ai fini di una possibile remunerazione per l’azione di mitigazione. Le regioni potrebbero investire l’enorme capitale che ogni anno spendono per gli spostamenti della posidonia ed altre operazioni di smaltimento in programmi di tutela delle coste, per una gestione davvero integrata in attuazione del protocollo gitz. In via del tutto marginale, si è inserito il discorso della tutela della posidonia nel più ampio contesto della sostenibilità ambientale (mobilità verde e energia rinnovabile) un principio che si impone dal 1972 nel panorama giuridico internazionale e che tuttavia necessita ancora di una più oggettiva definizione fondamentale per la sua concreta attuazione. Dall’analisi delle criticità di funzionamento di importanti istituti giuridici basilari in un’ottica di precauzione e prevenzione di danni spesso irreparabili (in particolare VIA e VI) si è potuto constatare come si sia ancora lontani da una impostazione di sostenibilità di tipo forte, da una impostazione metodologica solida a tutela della natura, della biodiversità e di conseguenza della nostra salute. Eppure, la sostenibilità forte, pur necessitando di modelli di consumo e di programmazione economica diversi si presenta tuttavia maggiormente democratica nell’utilizzo delle risorse e nella distribuzione dei benefici, e tende all’incremento delle libertà individuali fondamentali cosa che l’insostenibilità sta via via negando (negando la salute, la possibilità di autodeterminazione nelle scelte essenziali) togliendo dignità e libertà. Anche ripristinare un ecosistema degradato comporterà restrizioni alla libertà nel lungo periodo molto maggiori di un suo utilizzo sostenibile e anche maggiori costi a carico della collettività. |