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Storia Degli Antichi Popoli Italiani
di Giuseppe Micali,  2020,  Independently Published
STORIA
ISBN: 9798638933869
condizioni: NUOVO

Note:
Le notizie sull’Italia prima dei Romani, dice il Romagnosi, sono di gran momento non solo per gli Italiani e per tutta Europa, ma eziandio decisive per la filosofia dell’incivilimento. Il romano imperio comprese quel tratto di globo che parve dalla natura chiamato a primeggiar sulle genti. Circonvallato dalle parti di oriente e mezzodì (verso i continenti asiatico e ed africano sino al mare Cimmerio), dalla fossa interna del Mediterraneo; garantito dalle montagne dell’Atlantico e del Libano; rinforzato dai deserti che ricingono queste fortificazioni, circoscritto nelle parti dell’Occidente e del Settentrione dai mari Atlantico e Baltico; intersecato internamente da naturali comunicazioni di mari, di laghi, di fiumi; favorito da una latitudine geografica scevera dagli estremi del caldo e del gelo; ecco la terra preparata ad una signoria senza esempio nell’antichità, e che lasciò in retaggio il primato dell’Europa sull’altre parti del mondo. Ma gli esordi del romano impero si confondono con un’anteriore italica civiltà sulla quale appunto s’aggira l’insigne lavoro del nostro Autore. Se perirono i fasti veramente storici e concatenati dell’Italia anteriore ai Romani, sopravvissero nondimeno bastanti notizie per indovinare non solo la maternità del romano incivilimento, ma eziandio la precedenza dell’antichissimo degli Italiani. La qual precedenza se fu assai controversa, ciò provenne da quella superiorità dell’Italia per la quale specialmente i Greci ambirono di arrogarsene il merito. In ciò furono secondati dalla tarda grecomanìa, che sul fine della romana repubblica invase gli scrittori latini. Pure attraverso le dispute, può la buona critica aprirsi ancora una via, e giungere a segnare la precedenza della italica civiltà in modo non meno sicuro o probabile di quella dei Greci. Se ciò prima d’ora non fu praticato in una maniera definitiva, giova sperare che lo sarà non molto più tardi, sempre che gli Italiani siano compresi dallo zelo da cui fu animato il ch. Micali. In tutte le opinioni ci ha qualche cosa di vero; e se prima non fu possibile il concordarle, ciò avvenne sì perchè le ricerche non furono spinte sin dove giungere potevano, e sì perchè la critica non fu abbastanza illuminata. Dagli antichi fu scritto poco e favoleggiato molto; dai moderni fu scritto molto e ragionato poco. Le favole storiche sono narrazioni stese con un linguaggio di stagione, mercè del quale si conservarono le tradizioni in una maniera la meno alterata. L’allegorismo personificato con cui furono rivestite giovò per conservare la sostanza dei fatti e per mantenerne la memoria. Nell’infanzia delle società la popolare intelligenza coglieva il senso apparente della notizia, e la trasmetteva come la ricevette, atteso che l’allegorismo e la personificazione non erano suo lavoro. Il meraviglioso e l’eroico che decorava le favole, nell’atto che eccitava l’ammirazione, serviva di cemento per la loro ricordanza. Ma i veggenti sapendo che nelle favole storiche non si racchiudeva verun mito arcano alla prima vistata, suggerivano il vero senso della favola. Udendo per esempio che l’Inaco greco, corrispondente al Giano italico, veniva detto figlio dell’Oceano, ogni savio intendeva due cose: l’una che trattavasi di un temosforo fondatore di vita civile, e però che non poteva essere un sol uomo atteso che egli da se stesso non poteva nè compiere, nè radicare una sì lunga operazione, qual è quella dell’incivilimento; funzione che compiere non si può ordinariamente, fuorchè colle colonie e colle conquiste; l’altra cosa che intendevasi si era che si trattava semplicemente della venuta dal mare, e non della paternità o maternità naturale dall’Oceano, il quale non genera nè partorisce uomini. Figlio del bosco o della montagna dicesi poeticamente anche in oggi un pastore o un cacciatore.

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