Note: L’idea del libro nacque nel 1997: in Guatemala non c’era ancora la pace. Venti anni dopo, i rifugiati guatemaltechi raccontano qui la loro storia per salvare la memoria della tragedia vissuta. In Guatemala, a metà del secolo scorso, iniziò un’intensa instabilità politica, che peggiorò con l’avvento dei militari al potere. Differenti gruppi etnici compongono la società guatemalteca. Rilevante è la presenza d’indigeni, la cui cultura maya è spesso ignorata e per alcuni considerata estinta al pari del popolo omonimo. La violenza causò un esodo massiccio verso i paesi vicini, creandosi relazioni intense, a volte anche tese, con le popolazioni ospitanti. Lì si costruirono nuove organizzazioni tra i rifugiati e si contrattò il ritorno al Guatemala: al timore della violenza si sostituì la speranza del ritorno. Dai racconti traspare timore e rassegnazione: il desiderio di tornare si scontra col ricordo dei massacri, delle violenze, e col timore che possano ripetersi. Migliaia di rifugiati ritornarono in una patria che non era più la stessa. Vissero il dramma di sentirsi stranieri nell’esilio come nel proprio paese: le conseguenze sono ancora oggi evidenti. I soprusi e le violenze hanno forgiato questi popoli ad affrontare il futuro con speranza. Conoscere la loro storia può aiutare a comprendere il dramma dei migranti di oggi e a cercarne la soluzione. |