Note: Diciannove racconti come cortometraggi, gli scritti di Maurizio Caruso, si vedono, sono palpabili perché vissuti con quel piglio ironico, come in “Scatole di banane” che li rendono straordinariamente apprezzabili.
In essi si può notare tutta l’ironia e la sagacia di un autore esordiente che, con mano spigliata, racconta frammenti di vita quotidiana, annoverando attimi vissuti e fantasticando di nuove avventure.
Ho conosciuto Maurizio durante un reading poetico, dove,fra poesie e la visione di un film, abbiamo scambiato quattro chiacchiere sui suoi trascorsi romani, sulle sue pulsioni letterarie come sceneggiatore capitolino.
Ho notato la tipica sopportazione meridionale di chi torna alle origini e, suo malgrado, s’impossessa del suo status primordiale sbirciando negli anfratti delle umane “peculiarità”, descrivendole magistralmente. Nel contempo, l’autore di traveste da giovane globe trotter che calpesta le strade europee come in “Hengky Kurniawan e’ tornato in Europa” con timido candore ed assoluta perspicacia.
Autore da leggere, dal futuro promettente in un contesto letterario ove spesso s’incrociano penne maldestre di “ammiccanti narratori” che poco esortano alla lettura i sonnolenti fruitori di questa magnifica arte.
Maurizio Caruso ci riesce e lo fa anche bene.
Prefazione di Sebastiano Impalà |