Un sacciu fiscari cu ri jirita. Non so fischiare con le dita. Poesie in dialetto altiliese di Donato Sebastiano Bernardo Ciddio 

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Un sacciu fiscari cu ri jirita. Non so fischiare con le dita. Poesie in dialetto altiliese
di Donato Sebastiano Bernardo Ciddio,  2022,  Apollo Edizioni
POESIA
ISBN: 9791254810118
condizioni: NUOVO

Note:
Presentazione del volume:

Non so fischiare con le dita, negli anni cinquanta e sessanta, era giudicato dai compagni di gioco ed anche dai parenti una menomazione, in quanto le comunicazioni nelle campagne avvenivano tramite il fischio e la sua modulazione. Erano i cellulari dell’epoca e le rispettive suonerie. C’era il fischio di posizione, quello di richiamo e tante altre varianti usate dai pecorari.

Ho voluto realizzare questa composizione dialettale che tiene insieme le poesie, i proverbi e i soprannomi affermando la assoluta superiorità del linguaggio, forse anche del brusio rispetto ai suoni acuti che in parte regolavano l’allora sistema di relazioni.

Le poesie raccontano la vita vissuta in paese, sono delle fotografie in bianco e nero legate ai luoghi, ai costumi e agli atteggiamenti prevalenti tra gli anni cinquanta e gli anni sessanta. Non c’erano macchine per cui gli spostamenti avvenivano a piedi. Nelle famiglie dove non si possedeva un asino, un mulo oppure un paio di buoi i trasporti dei generi di prima necessità avvenivano prevalentemente con le ceste sulla testa delle donne adulte. La povertà era diffusa. Si salvavano il prete con le donazioni in denaro dei fedeli, il medico condotto che possedeva l’unica macchina e veniva pagato dal comune, i due o tre grandi latifondisti e gli artigiani necessari come i fabbri o i muratori e i falegnami.

La maggior parte delle case non aveva il bagno, le strade non erano asfaltate e i vicoli del paese erano pieni di ciottoli. I coloni, i pecorari ed i giornalieri, persone che lavoravano a giornata prevalentemente zappatori, si sposavano giovani ed avevano molti figli per cui c’era il problema di sfamarli. Si camminava scalzi perché non si possedevano le scarpe.

Alla fine degli anni cinquanta benché tutti i terreni erano coltivati ivi compresi parti di bosco la situazione economica delle famiglie era insostenibile e cominciava a prendere piede la prima immigrazione che riguardava i capi famiglia. Povertà figlia della guerra. Si viveva in tanti in una camera e cucina e la mortalità neonatale era altissima. Solo nel 1952 era arrivata al paese la prima ostetrica i bambini prima nascevano con le mammane donne esperte ma non in grado di affrontare le pur minime difficoltà.

Le mie poesie dialettali risentono del vissuto nel contesto sopra evidenziato, ma raccontano pezzi di vita, descrizioni di luoghi, di percorsi, di giochi tipici del tempo. Raccontano di modi di vivere e descrivono lo stretto legame che teneva insieme la comunità arroccata intorno alla chiesa per un verso, ma anche il popolo laico largamente presente e alimentato dai comizi elettorali figli della raggiunta libertà postfascista. Per lo più sono poesie che esprimono spazi e tempi di eventi o fotogrammi che mi sono rimasti impressi nella mente.

I proverbi raccontano modi di dire, espressioni largamente usati in Calabria e quindi adattati al dialetto del paese; ma alcuni sono tipici del luogo e quindi rappresentano delle novità assolute rispetto alle innumerevoli raccolte che si trovano su internet. Sono detti che hanno condito per anni il linguaggio corrente e che raccolgono luoghi comuni insieme ad autentiche perle di saggezza-

I soprannomi sono un pezzo di storia raccolti con l’aiuto di molto compaesani e identificano i vari ceppi familiari i loro significati in alcuni casi esprimono un difetto del capostipite, in altri identificano un luogo, in altri casi credo siano solo espressioni di fantasia.

L’elenco dei soprannomi supera le cento unità. C’è da dire che per lo più non sono considerati ingiurie, anzi individuano le varie famiglie che spesso portano lo stesso cognome.

Non sono riuscito per tutti a trovare la stretta connessione tra soprannome e famiglia corrispondente e nemmeno il rispettivo significato da attribuire al soprannome stesso; tuttavia ognuno di noi paesani leggendolo lo collega al suo ceppo familiare.

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