Note: Sigrid Undset è nota in Italia soprattutto per il lungo romanzo Kristin figlia di Lavrans, che le valse il Nobel nel 1928 – ma tutta l’opera della scrittrice norvegese dovrebbe essere approfondita, a cominciare da questo piccolo capolavoro di stile e di testimonianza religiosa. «Ritengo che la mia comprensione del tempo in cui viviamo provenga dal fatto che, sin dall’infanzia, ho avuto un ricordo vivo di tempi precedenti,» scrisse la Undset a un’amica. Infatti appare quasi incredibile: la Vita di sant’Halvard, ambientata nella Norvegia dell’anno Mille, può schiudere una visione profondamente folgorante anche negli animi d’oggi. Di colui che diverrà il santo patrono di Oslo ci vengono illustrate le prove a cui dovette sottoporsi la sua passionalità umana – prima fra tutte, quand’era bambino, quella offerta dal rapporto con il padre Vebjörn. Impari la lotta contro l’ingiustizia e le sopraffazioni? Eppure lo spirito di una presenza divina, nella natura attorno, non resta certo indifferente... È l’altro Novecento, quello della Undset – non mirante a laicizzare il linguaggio e a infrangere forme, secondo i dettami delle avanguardie, di James Joyce e Virginia Woolf. Al contrario, alla scrittrice riuscì di trasportare dai romanzi medioevali all’agiografia il pregnante stile della saga, come attestò l’indimenticabile studiosa Lodovica Koch. Per la Undset, convertitasi al cattolicesimo nel 1924, anno precedente la pubblicazione di Sant’Halvard, lo spirito, il mondo di Dio, è essenzialmente realismo, percezione non dimidiata della complessità e della pienezza della vita, trepidante ascolto del mistero e intrepido rifiuto delle rimozioni. È bagnata da una luce di grazia, la scrittura vichinga della Undset: quella letteratura e quel popolo, finalmente sono redenti... Perché infine è questo il messaggio che lancia sant’Halvard, dal Medioevo fino a noi: in un’Europa consumata dalle dissacrazioni, ancor di più arde la vita della Croce. |